domenica 27 gennaio 2008

Flam, il mestolo informe

(ovvero, come tutto è cominciato)

Le sei scoccarono, intatte
tutto il mondo rotolava giù da quella collina
il mestolo informe ci riunì:
sapeva che eravamo stati importanti e, con lui come guida,
forse avremmo sopraffatto l'autista, padrone delle nostre case,
che arrivava a toglierci l'ebano.

Malgrado l'oscuramento scendemmo in cantina ma niente funzionava;
uno di noi, Yaliam, confessò di essere stato una vite
io mi rilassai, incedendo nella parola murata.
Mi fecero capire che non ero più un'alba rosea
e Frutta, agitatissima, sembrava voler tributare l'incenso
con le sue nuove mani, mai viste prima.
Non sopportava di stare chiusa lì e tirò il furgone a Xaknaf,
che lo evitò, sperando di sfasciare la porta.

Furono decise molte cose:
eleggemmo i rappresentanti
che avrebbero dovuto mulare il contratto stempiato:
io, Bodidi, Gria ed Esausaç saltammo nel piatto e tirammo giù Flam,
il responsabile: il mestolo stesso prese il comando
agitando la medaglia e in quel vincolo strano ci trovammo illusori
come una croce in fronte.
Giijp mi balzò il tasca, privato del ferragosto supremo,
ogni dì chiamando lo schiamazzatore
incastellai le chiavi poi, con sommo coraggio, uscimmo.

Fuori cominciava a fare freddo, Bodidi nitrì alleggerito,
lucidò le scarpe e spense il dolore del dado, immobile,
che la maniglia aveva quasi forzato;
Flam si tolse il berretto
con devozione lo portò al centro
mentre io mi immaginavo le musone chiuse in chissà che capanne
a prender del gran freddo
e mi scostai quando La vidi, a terra.

Mi guardavo intorno, sbalordita, assaporando quel paesaggio bianco
e Giijp si era avvicinato e cominciava a leccarLa
mi scossi e La raccolsi, piano, avvolgendoLa nei miei guanti come una reliquia
ammantata di nero
Gria era già lontana sull'orizzonte
mi voltai invano: tutto era deserto e Bodidi piangeva per i suoi criceti
Flam si era seduto su un macigno a guardare Giijp, fungosoprano,
che in quel silenzio spiccava come un'arancia a mezzogiorno.

E sulla coltre di nubi apparve l'angelo per portarci l'arcobaleno e la birra
non poteva sapere se noi volavamo ignari
povera Gria imbellettata che si stava a lavare le mani
io infagottata con la sciarpa di traverso.
Giijp si riscosse, la sua berretta vibrò
stavo ossequiosa in ginocchio, l'aria ferma su di me
a formare una tiepida scura
di lontano si vedeva il mare ma tutto sembrava immobile.
Con Bodidi in immersione non c'era da stare allegri
e anche Flam non aveva più speranze infrangibili
Giijp saltellando si diffondeva intorno e ballava la crema
con gli incerti del mestiere.

Io La fissavo e non riuscivo a capire
tutto mi sembrava eternamente intabarrato come la Sala del Misteri
Bodidi accorse e vedendoLa diede un ululato e saltò oltre il vecchio campo
su per la nostra collina;
pieni di spiriti, Gria e Flam guardarono ancora l'ancora disadorna
mangiando patate, poi rientrarono e la mite urlò.
Giijp mi piombò in testa correnggendo l'epigramma
ma non volevo lasciarLe i miei guanti e L'incensai correndo
rammentai il povero animale e fuggii via, verso i compagni,
lasciandoLa avvolta sull'orizzonte.

Giijp solo pianse per Lei e Le posò accanto il fiore in secula seculorum
poi scivolò dentro dalla finestra.