martedì 30 settembre 2008

Brutta cosa l’orgoglio

Un fuoco indomabile

Era un giorno tranquillo pieno di pioggia e si avvertiva un'atmosfera di energia in una cantina piena di cipolle.
Era questo il laboratorio di Gorgo, un giovane dal carattere tormentato, che passava la vita a copiare partiture all'infinito, ripetendo: ''Ma chi se ne frega!''
Gorgo aveva costruito e regalato i cannelli a tutti nel regno, il popolo ormai ne aveva fin sopra i capelli di lui e lui radioso sempre rispondeva: ''Gli strumenti sono miei, posso anche infilarmeli...!''
Egli suscitò in tal modo la curiosità di Staefno, un dio della musica che quel giorno bussò alla sua porta, volgare.
Staefno era venuto a ad avvertirlo che gli oggetti che distribuiva facevano schifo e la gente li predeva per educazione.
Ma Gorgo pensò che Staefno fosse più bravo di lui a costruire ance e gli sbatté la porta in faccia, gridando: ''Spaccherei la faccia a tutti!''
Allora Staefno offeso si rivelò per quello che era in realtà, un terribile re ballerino, e lo maledisse: mai più Gorgo sarebbe riuscito a sbolognare i flauti ai creduloni!
''Vaff...!'', sbuffò Gorgo e tornò a modificare strumenti musicali senza posa.

Un cuore impetuoso

Era un mattino giulivo pieno di sole e si avvertiva un'atmosfera di tensione in un castello sullo strapiombo.
Era questo il rifugio segreto di Gioio, un giovane dal carattere umile, che passava la vita a piegare tubi all'infinito, ripetendo: ''Ma chi se ne frega!''
Gioio aveva generosamente aggiustato come voleva lui le cornamuse a tutti in città, il popolo ormai voleva cacciarlo e lui sospettoso sempre sospirava: ''Ma chi se ne frega!''
Egli suscitò quindi la gelosia di Gaeanto, un grasso gnomo irridente che quel giorno bussò alla sua porta, tormentato.
Gaeanto era venuto a chiedergli consiglio su come migliorare i cornetti.
Ma Gioio temette che Gaeanto fosse più bravo di lui a modificare strumenti musicali e gli sbatté la porta in faccia, gridando: ''Vaff...!''
Allora Gaeanto offeso si rivelò per quello che era in realtà, un potentissimo fratellastro ambizioso, e lo maledisse: mai più Gioio sarebbe riuscito a passeggiare nel bosco senza cadere a capofitto in una legnaia!
''Chi è 'sto gay!'', sbuffò Gioio e tornò a modificare strumenti musicali senza posa.

Un principe giulivo

Era un mattino volgare pieno di sole e si respirava un'atmosfera di energia in un mercatino dell'usato.
Era questo il laboratorio di Gorigio, un principe dal carattere silenzioso, che passava la vita a costruire ance all'infinito, ripetendo: ''Chi è 'sto gay, perche' deve fare il cu*o a noi!''
Gorigio aveva abbondantemente fatto a pezzi i flauti a tutti nel villaggio, il popolo ormai lo adorava e lui ritroso sempre sospirava: ''Vaff...!''
Egli suscitò quindi la curiosità di Ghielmi, un oscuro signore del caos che quel giorno bussò alla sua porta, radioso.
Ghielmi era venuto a chiedergli aiuto su come migliorare i flauti.
Ma Gorigio pensò che Ghielmi fosse più bravo di lui a segare pezzi di legno e gli sbatté la porta in faccia, gridando: ''Ma lui che c...o ci sta a fare!''
Allora Ghielmi indignato si rivelò per quello che era in realtà, un terribile grasso gnomo irridente, e lo maledisse: mai più Gorigio sarebbe riuscito a pronunciare una sola frase priva di bestemmie!
''Ma chi se ne frega!'', sbuffò Gorigio e riprese a copiare partiture senza posa.

Creato col il Polygen su una tragica storia vera. Potrei andare avanti all’infinito…

mercoledì 24 settembre 2008

Tubetti birichini

I nostri due Power-Prep, da non confondersi coi Power Rangers...
Affettuosamente chiamati PP2 e PP3.


Tic. Titic. Gniii! TAK! Vumm…vumm…vumm…

Partito. E’ confortante. Anche bello da vedere. Tante lucine che lampeggiano, un bel rumore ritmico, tanti tubicini di teflon. Decine di tubicini che escono e rientrano da ogni dove, per misteriosi pertugi, tutti pulsanti a tempo con la pompa mentre il liquido viene spinto in circolo.

Vumm…vumm…Ma che roba, chissà come hanno fatto a inventare questa diavoleria. Cioè, uno si mette a tavolino…oohhh ci sono anche delle bolle d’aria nei tubetti, e si muovono anche loro a tempo! Però se questo fosse un paziente sarebbe morto, con quelle bolle.

Vumm…Meno male che invece i campioni in soluzione non se ne fanno niente. Che belli che sono, lì nelle provette, si vede proprio che spasimano per essere risucchiati dai tubicini, portati via dall’esano, e purificati nelle colonnine di silice, allumina e carbone attivo. Non chiedono altro!

Trallallallà…firulì firulà…

Non dà altrettanta soddisfazione del rotavapor, quando condensano i primi vapori e ricadono colando nel pallone di raccolta, ma è abbastanza avvincente.

Vumm…

Eh? Eeeehhhh? Che diavolo c’è? Cavoli, se sapete come rovinare un divertimento. Uno non può stare un po’ qui impalato a fissare una macchina? Sempre ‘sta fissa di interagire gli uni con gli altri.

E per dire cosa, eh?

"Buongiorno" con aria ebete? Magari col casco ancora in testa?

*sigh* Ciao, Alfredo…

Attenzione: ora immagini forti…
Il PP2 NUDO!

giovedì 18 settembre 2008

Obiettivi, promesse, panzane

Se mi domandassero: “che tipo di persone ammiri?” cosa potrei rispondere?
Cos’è in realtà l’ammirazione?

Dallo Zingarelli:

Ammirazione: Sentimento di grande stima, considerazione.

Chi mai può suscitare in me stima e considerazione?
Be’, indubbiamente chi si dimostra superiore a me in un campo di mio interesse, che eccelle in un’attività a cui io do valore. Un bravo scenziato, un grande scrittore, un musicista dotato.
E se invece di considerare abilità tecniche in campi specifici ci addentriamo invece nell’esaminare la persona, allora la risposta è scontata e –penso- comune un po’ a tutti: ammiro coloro che non perdono fiducia nell’umanità nonostante tutto, che compiono i piccoli miracoli quotidiani, che fanno del bene in silenzio senza neanche avere coscienza della straordinarietà del loro agire.

Non c’è dubbio, questa gente merita stima e considerazione, e magari riconoscenza.
Ma è tutto qui?
Io posso pensare: che bravo questo ricercatore che ha scoperto il vaccino…che eroe questo ragazzo orfano che alleva da solo la sorellina…che coraggio andare a curare i feriti in zona di guerra…
Ok, ma diciamo la verità, li ammiro da lontano. Sono ben lieta che esistano anche queste persone, che siano molte più di quanto non sembrino e forse molte più dei delinquenti che finiscono sul giornale, ma non è che mi sveglio la notte per il cruccio di non essere come loro.

Io davo alla parola ammirazione un significato un po’ diverso, più emotivo. Doloroso, appunto. E’ quando incontri qualcuno che ti fa venire da piangere perché non sei così, perché anche se provi e riprovi non ci riesci, ti mancano le sue doti spirituali e morali. Ma nello stesso tempo, pure in questo rammarico, sei contento che queste persone invece ci riescano, vederle –anche se tu sei escluso da questo stato di grazia- ti riconcilia comunque col mondo.

Molti anni fa, da adolescente piena di problemi, alla domanda avevo risposto: chi è spigliato, chi è sicuro di sé.
Ma mi sbagliavo, quella non era ammirazione, era invidia, pura e semplice.
Chi è zoppo non “ammira” quelli che riescono a correre e saltare senza sforzo, neanche un po’. Perché dovrebbe? Anzi, magari non gli stanno neanche troppo simpatici. Se non li vedesse sarebbe più contento.
L’ammirazione è rispetto e reverenza che vanno meritati.

Ecco: chi è capace di lavorare duro per tenere fede ai suoi propositi, chi lotta per mantenere le promesse anche se nessuno guarda, anche se le ha fatte solo a se stesso, crollasse il mondo. Questi sono i miei eroi.
E non sono affatto degli zucconi.
Sarà bello invece essere una banderuola incapace di concentrarsi come la sottoscritta, e avere sempre la sensazione di sprecare il proprio tempo?

Non mi resta che provare, su questo blog, una tecnica in stile di gruppo di auto-aiuto.
Visto che le promesse che mi faccio da sola valgono meno di zero, magari se mi impegno pubblicamente avrò un po’ più di pudore.

Questo è il senso della nuova colonna che è spuntata qui di fianco, quella degli obiettivi che vorrei prima o poi portare a termine. Comprende anche cose serie che non dipendono del tutto da me, ma per le altre…chiedo l’assistenza di chi mi legge. Se trascorrono i mesi e non vedete mai cambiamenti siete autorizzati, anzi siete pregati di insultarmi e dirmi che sono una pataccara indegna del minimo rispetto.

Forse così riuscirò a mettermi a scrivere anziché giocare a Zuma o gingillarmi con le mie famiglie simmiche.
Adesso però no perché c’è il compleanno di mia mamma, devo studiare per il concorso, abbiamo le prove di un concerto, piove, ho sonno aaahhh…

domenica 14 settembre 2008

Concorso di colpa

Sono in agitazione per il concorso. No, non una competizione letteraria o musicale, magari! No, qualcosa di assai meno divertente, decisamente più stressante: il concorso che mi permetterebbe di essere finalmente assunta a tempo indeterminato dove lavoro da ormai più di cinque anni. Ovviamente devo fare due prove scritte e una orale per dimostrare che sono in grado di fare quello che faccio.

Questo concorso lo aspettiamo da più di un anno, è slittato sempre più. Ora si parla di ottobre. Hanno cominciato a venirmi paranoie del tipo: e se mi rompo una gamba, e se succede una disgrazia, se mi ammalo…Sperano che moriamo nel frattempo, così hanno risolto il problema precari?

E le prove verteranno su leggi e leggine e regolamenti che poco hanno a che fare con la mia attività pratica, che non riesco neanche a studiare perché si cancellano immediatamente dalla mia memoria…da qui la colpa.

Ma d’altro canto sarebbe forse peggio se mi chiedessero davvero cosa faccio, io che saltello a spizzichi e bocconi per tre reparti, cambiando anche giorni e turni come cambia il vento, oplà (non per mia iniziativa, sia chiaro), e dappertutto faccio preparativa, sostanzialmente lavoro manuale, sebbene specializzato. Non fraintendetemi, mi va bene così, mi ci mancherebbe anche di dovermi prendere le rogne di tutti quanti! Ma un solo procedimento completo, dall’inizio alla fine, non lo vedo mai.

A voler essere pignoli ho lavorato in quattro reparti, ma uno (dove avevo fatto una sostituzione di maternità) ormai non mi appartiene più. Peccato, perché era quello dove –nonostante l’eterna presenza di una dirigente che più rompi non si poteva- regnava l’allegria, grazie al collega canterino e disimpegnato.

Non che gli altri tre dove sono ora non abbiano i loro lati positivi.

In uno godo della piacevole compagnia di un altro collega appassionato di teatro e di libri, con cui posso fare conversazioni culturali…ma anche scherzare e farmi dare consigli di vita, all’insegna della simpatia.

Un altro può sembrare un luogo freddo, poco amichevole, in cui si sgobba in silenzio e basta, ma in realtà per me tacere non è un problema e il lavoro –quando ho istruzioni chiare!- non mi spaventa. No, anzi, lì si respira un’aria di grande professionalità e sono orgogliosa di farne parte, anche se coi miei limiti.

E nel quarto, che poi era anche il primo a cui ero stata assegnata al mio arrivo nel 2003, c’è…ecco, c’è…Alfredo.
Uffa, Alf, smettila di fare la piaga, non ho detto che voi siete deprimenti, antipatici e non sapete lavorare! Non mai avrei voluto dirtelo…ma insistevi…

domenica 7 settembre 2008

Medioevo pussa via

non rovinar la fantasy mia...

No, davvero, non ne posso più. Ormai sembra che non ci si possa azzardare a scrivere fantasy classica, neppure in tono favolistico, senza nel contempo compilare un rigoroso saggio storico sulla vita nel Medioevo europeo, altrimenti i talebani ti aspettano sotto casa.

OK, la situazione è questa. Generalmente, per ambientare una storia fantasy si ha bisogno di un mondo a bassa tecnologia, poco popolato, ricco di grandi zone inesplorate in cui piazzare pericoli e meraviglie. Ecco che il primo punto di partenza tende a essere, un po' per tutti, il mondo delle fiabe che leggevamo da bambini, un "medioevo" vago e indistinto, ideale, che magari in sè non interessa neanche più di tanto, è solo -per l'appunto- uno sfondo su cui lavorare.

E' ovvio che per diventare scrittori seri bisogna studiare un po' e fare attenzione ai dettagli. Occorre evitare a ogni costo i veri anacronismi e le scempiaggini. Poi leggere come si viveva, come si usava fare certe cose sono tutte notizie che possono servire, possono fornire spunti narrativi (come qualunque altra cosa). Insomma, documentarsi fa sempre bene.
MA...
Sto comunque scrivendo di un altro mondo.

Quindi ricordiamoci sempre di distinguere:

anacronismi veri: elementi oggettivamente incompatibili col livello tecnologico/scientifico del mondo descritto. Questi costituiscono esecrabili errori giustamente condannati. Va da sè, però, che un autore può comunque inserire questi elementi se trova il modo di giustificarli.

anacronismi apparenti: elementi che non esistevano nel vero Medioevo europeo, ma che avrebbero potuto esserci. Questi sono perfettamente accettabili, checché ne pensino i talebani di cui sopra. E, per essere più esplicita possibile, non sto parlando di Gamberetta, anzi.

Devo tener presente che non tutto quello che non si faceva e non si costruiva nel Medioevo non era necessariamente impossibile, giusto? C'erano regole sociali, imposizioni religiose a inibire certi comportamenti, e poi naturalmente la moda.

Perché oggi non andiamo in giro coperti di tatuaggi e coi capelli di tutti i colori dell'arcobaleno, pur avendone la possibilità pratica? Appunto.

I bottoni, tanto per dire, sono noti sin dall'antichità, ma per qualche ragione erano considerati degli ornamenti, fatti di materiale prezioso, e non venivano usati per gli abiti dei popolani...non certo perché non li avessero inventati o non potessero crearli.
Poi possiamo parlare delle piante e degli animali che qui non c'erano, perché originari di altre parti del mondo...ma comunque nati in un clima simile al nostro e quindi in grado di vivere e prosperare anche qui, tanto è vero che oggi ci sono.
E così via.

Invece, secondo questi invasati, su qualunque pianeta ti trovi:

- la struttura della società deve essere feudale
- deve esserci l'equivalente della Chiesa
- deve esserci una classe mercantile forte
- non si possono mangiare patate
- non si può suonare l'ocarina
- non si possono usare i bottoni
- non si può indossare la minigonna
- ...

Ve lo chiedo col cuore in mano, non per far polemiche e seminare inutili discordie, ve lo chiedo sinceramente desiderosa di comprendere: ma siete scemi?

mercoledì 3 settembre 2008

Detto, fatto!

Come si parla con gli squilibrati? Con cautela, è ovvio. E’ tutto un "Ehi, come te la passi? Ah, sì? Oooh, che interessante! Ma davvero? Braaavo! Ma guarda, complimenti! Eh, sì, hai proprio ragione tu!" e via discorrendo.

Mai e poi MAI bisogna dar suggerimenti, pronunciare parole che possano suonare come un invito a fare qualcosa, men che meno ci si può permettere di scherzare, perché lo squilibrato –anche quello che non ti ha mai dato retta prima d’ora- stavolta ti prenderà sul serio, e nel modo più contorto e pernicioso possibile.

Così, può capitare, tanto per dire, che in un gruppo musicale che sta tentando di preparare una serie di (noiosissimi) pezzi per una registrazione e si trovi a corto di idee per renderli un po’ diversi l’uno dall’altro, uno spiritosone, spronato dal testo del brano che dice rumpite libros, se ne esca con la battuta dell’anno: "Ma lei [indicando una ragazza innocente] potrebbe strappare della carta in sottofondo!". Una scempiaggine pensata per suscitare il riso, ma gli squilibrati non rideranno, anzi diranno: "Che ideona! Sei un genio!" e la povera ragazza si troverà davvero costretta a suonare il giornale, strappando pagine a tempo…

Nello stesso modo io ho incautamente buttato là un gioco di parole in uno dei miei ultimi post, invitando un amico a comporre un raccontino hard con protagonisti pezzi di pc.

L’ha fatto sul serio. Eccolo, solo leggermente censurato per non incappare in filtri.

Un’ammucchiata di materiale informatico

Il vecchio monitor, abbandonato in un angolo del magazzino polveroso, guardò con apprensione la notevole massa di componenti elettroniche che stavano scaricando, già ostile ai nuovi arrivati, che avrebbero turbato la sua pacifica lenta agonia.
Ma quando si trovò avvolto dai fili di decine di mouse che gli si posavano addosso, arrotolavano intorno, lo bloccavano in un’intimità schifosa, viscidi, frementi di libidine e mollicci, si sentì sopraffatto dalla vita, si trovò ad augurarsi quello che prima tanto aveva temuto: il corto circuito, prodotto dall’umidità o da un rilascio di acido, che in un lampo e uno sfrigolio gli avrebbero tolto definitivamente anche quel po’ di vita latente in cui vegetava da tanto tempo; non poteva sopportare oltre le sgradevoli attenzioni di quei pervertiti che si ammucchiavano su di lui, bianchi, grigi, neri … e perfino uno rosa!
"Magari un’esplosione!" si augurò, sognando una fine eclatante, visto che non poteva essere gloriosa.
Ma guardate quelle ba***e di tastiere buttate nell’angolo opposto, guardatele!, una sull’altra senza pudicizia alcuna, a solleticarsi i tasti l’un l’altra, mentre un suo simile – simile? non lo conosco e non ha niente a che vedere con me, piatto e spigoloso com’è…un’altra razza – un suo QUASI simile, appoggiato al colmo del mucchio di tastiere, ondeggiava impudicamente su una di loro sollecitandole la sbarra spaziatrice in un cunn***us abnorme, che si sarebbe concluso con il blocco della sbarra abbassata in un orgasmo infinito …
"Un’esplosione, un’esplosione …"
E quel mouse ottico rovesciato sul dorso, che mostra la fessura rossa ormai spenta, e guarda quelli più tradizionali con uno sguardo apparentemente sprezzante? Un caso classico, da manuale, di "invidia del filo" – che poi, persa la speranza di infilare lo spinotto in questa e quella porta, anteriore o posteriore che fosse, com’erano abituati (beh per essere onesti almeno porte dedicate, non come le prese USB che si infilano praticamente ovunque) insomma guardali ora, con quel filo che penzola lubrico e sconsolato…
"Un’esplosione, Signore, un’esplosione!"

Grazie, caro amico, complimenti, che interessante, braaavo!


L’autore.