sabato 9 febbraio 2013

La storia noiosa

Il mio primo vero romanzo –non il primo della mia vita, ma quello che ho creato dopo aver acquisito un minimo di consapevolezza nella scrittura– l'opera che ho cercato di elaborare al meglio studiando e applicandomi, alla verifica dei fatti non è andato tanto bene.

Cioè, è un disastro.

Non tanto per la parte tecnica, che è migliorabile ma già decorosa (lo studio non è stato inutile), ma per l'assenza di un qualsivoglia intreccio interessante.

Intendiamoci, non è che non succeda niente. Ma succedono cose al personaggio, anziché per causa sua. Avviene un cambiamento, ma non attraverso la giusta tensione, la lotta.

Ho dato rilevanza alla "cornice" della storia, al problema iniziale che il protagonista si porta da casa, anzichè alla vicenda che realmente stavo raccontando, e che era per me a solo un pretesto.
E il povero lettore rimane con un palmo di naso, la storia non decolla.

E se ho identificato il processo bacato (*) che mi ha portato a commettere simili errori, se è giustificabile che non mi sia accorta durante il lavoro di quale vicolo cieco avevo imboccato, non riesco a capacitarmi di non aver visto il problema nel romanzo finito, che pure avevo messo in discussione.

Eppure i segni c'erano, e una certa sotterranea inquietudine da parte mia. Qualcosa non girava, e lo sapevo. La storia era statica, dubitavo che sarebbe potuta piacere a qualcuno che non fosse innamorato dei personaggi quanto me.
Lo vedevo, ma ho voluto convincermi che non fosse grave.

E dire che quando il tuo stesso protagonista se ne esce a sbuffare:
"Ma che storia è? Se la stessimo raccontando a qualcuno, si sarebbe già addormentato!"
ecco, sarebbe il momento di farsi delle domande.

Avevo tentato di controllare quanto lo scritto si conformasse ai ragionevoli schemi di una struttura narrativa sensata (e che è la stessa da 2000 anni, ci sarà una ragione). Avevo notato che la struttura non collimava manco per sbaglio. Ma niente, l'errore di fondo che aveva minato tutto lo sviluppo ha continuato a eludere il mio scrutinio.

Il dubbio però ha continuato a crescere, un'ombra strisciante tra le pagine, un'angoscia esistenziale, un...
No, vabbè, ero convinta che andasse bene così.
C'è voluto il parere di un editor indipendente per strapparmi le fette di salame dagli occhi.

Sono contenta che sia accaduto, anche se questo vuol dire cestinare gran parte del lavoro e ristrutturare daccapo la vicenda.

Non c'è niente come scornarsi con un errore per imparare, come quando ti schianti contro un camion e voli giù dal viadotto...

Poi non lo fai più.

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(*) Cominciare a scrivere con solo l'inizio, la fine, e qualche vaga idea di eventi sparsi lì in mezzo, scalettare poche scene alla volta navigando a vista e convincersi che quello sia "programmare" il romanzo.