sabato 27 giugno 2009

Letterina

Mamma? Mammina? Ti ricordi di me? Sono Marilla, il personaggio di cui volevi raccontare la storia già almeno…lo dico? Venti anni fa, all’incirca. Certo la mia storia è cambiata moltissimo da allora. Avevi solo delle idee immature, dei pezzetti, un guazzabuglio. Scrivevi come veniva, facevi schemi che non ti servivano a niente perché non erano ragionati, anche quelli alla carlona, e giù pagine di dialoghi insulsi, centinaia di parole per ripetere cose chiarissime, e continuare a dire quanto sono bella, intelligente, buona e generosa mentre non ne combino una giusta…
Che poi non mi piaceva mica tanto, eh, questa figura che mi stavi costruendo addosso. Anche se quei venti e più capitoli di dispetti con l’istitutrice erano divertenti.
Hai tagliato tutto, va bene. Anche perché né io né lei possiamo più parlare, hai ristretto la visuale a pochissimi personaggi e quelli ti tieni, con i loro errori di giudizio. Avrai un mosaico di pareri discordanti e nessuno capirà più esattamente come sono io e perché faccio certe cose.
Ah, è questo l’effetto che vuoi ottenere?
Va bene, contenta tu. Accetto tutto, guarda. Però, almeno riprendi a scrivere di me? Invece di perder tempo a disegnarmi mezza sciancata e seduta nel nulla?
Grazie. Ciao.


Certo, Marilla cara, non preoccuparti. Non ti ho dimenticata e non ho rinunciato. Non passa giorno che non pensi a qualcuno di voi e non mi vengano idee, è il metterle giù nero su bianco il difficile. Comunque penso che una pausa di riflessione ogni tanto faccia bene: quando si rilegge per riprendere il filo si può guardare al proprio lavoro con più distacco.
E ultimamente quello che produco non mi sembra così malvagio. Perciò ci rivedremo presto. Però, già che sei in vena di esternazioni, di' ai tuoi amici di non distrarmi con le loro possibili avventure future: finché non finisco la tua, di storia, non c’è spazio per nessuno!

E’ grave quando si parla coi propri personaggi, vero?

domenica 14 giugno 2009

Schegge di follia

Viviamo completamente circondati da eventi e persone improbabili che sfidano qualunque regola di buon senso...il genere di cose che in un romanzo verrebbero subito cassate come assurdità ed esagerazioni, per intenderci.

Un mio collega, in ferie in campeggio con fidanzata e una comitiva di amici, scende in macchina in paese a prendere quelle 7-8 pizze per la cena, in un locale in cui già lo conoscevano. Quando le pizze sono pronte, lui nota che gliele stanno scodellando nei piatti...
“Fermi!” avvisa lui, “Le porto via!”
Qualcuno pensava che lui se le mangiasse tutte da solo?
No, la realtà è ancora peggiore.
“Eh, ma abbiamo finito i cartoni.”
E quindi?!
“Le diamo i piatti, poi ce li riporta.”
Qualcuno ha voglia di immaginarsi la scena, 7 piatti pieni di pizze tutte molle, belle calde, sui sedili della macchina, lungo una strada non priva di curve?
Il mio amico non ha voluto e, seppure a malincuore, ha dovuto lasciare lì la cena.
La prossima volta mi diranno di piegarle e mettermele in tasca, mugugna.

Seguiamo una campagna di caratterizzazione di sedimenti del porto, che viene realizzata in due riprese.
Quando arriva la seconda tranche, ci incuriosisce il fatto che vengano richiesti parametri di analisi in gran parte diversi da quelli del primo gruppo: non fa parte tutto della stessa campagna? Come possono poi confrontare i dati?
Il mio capo di allora (oggi in pensione) sente puzza di bruciato, ma ci intima: “Guai a voi se fiatate!”
E’ curioso di vedere cosa succede e lo sono anch’io. Obbedisco.
Qualche mese dopo scoppia la bomba: ovviamente i cervelloni dei piani superiori si sono sbagliati, hanno copiato degli altri numeri, ma possibile che noi non ce ne siamo accorti? E non si possono proprio recuperare magicamente i dati di analisi che non sono state fatte?
Peccato che nel frattempo il capo se ne sia andato e abbia lasciato noi in prima linea a difendere il nostro operato!
Nella “normalità” ci sarebbe una persona che organizza e cinque che eseguono. Quando avviene il contrario...si sa che troppi cuochi rovinano l’arrosto.
Vabbè, questa non fa ridere come la prima.

Una mia collega ha subito un’operazione al cervello, per togliere una ciste che le cresceva dietro a un occhio. La convalescenza è stata lunga, come si può immaginare; la poverina ha avuto disturbi alla vista, capogiri, problemi motori e soprattutto paura nel riabituarsi a uscire di casa, a camminare in strada. Sarebbe stato importante poter fare questo percorso di riabilitazione in modo graduale, andando a passeggio nelle ore pomeridiane in cui i familiari potevano accompagnarla e/o prendersi cura dei bambini. Ma ovviamente –dal momento che non si trattava di una “ufficiale” terapia prescrittale dai neurologi- non le era consentito.
Per potersi curare non le è rimasto che usare la carta magica, quella che ti consente di fare tutti i comodi tuoi senza che i diritti acquisiti vengano minimamente scalfiti, né stipendio, né incentivi, né anzianità, alla faccia di chi sta male davvero e viene punito come un delinquente: permesso di maternità!
Un caso limite, ma tant’è.
No, questa non fa ridere per niente.