Non ho più scritto! E’ un delitto! Sono fritto!...No, fritta. Acc porc le concordanze mai che ti lascino fare una rima…
Non mi riferisco tanto a questo blog né agli altri che sto tentando di iniziare. Parlo del romanzo.
Ho qualche buona scusa.
***Inizia qui flusso incoerente di parole***
Serate e weekend passati inginocchiata ad appiccicare giornali sul battiscopa, a spennellare la parte in basso dei muri e i contorni delle porte, mi fregano sempre tutti, quando arrivi col treno vieni un attimo nella casa nuova parliamo di due cose e poi mi trovo sulla scala a scartavetrare e non si parla per nulla, quando non andiamo dall’amministratrice, sul tetto, in giro per i mercatini dell’usato più eleganti mobilifici della provincia.
Quasi non ricordo come sia fatta la casa vecchia, non rispondo più alle mail, non ho ancora mandato il commento all’antologia, sollecitatomi dall’editore, faccio brutte figure con tutti. Torno solo a dormire e anche la gatta ne risente, povera ciccetta a strisce.
L’autore di questo blog avrà la mia sempiterna gratitudine per avermi distolta dall’incauto proposito di acquistare una casa ancora da ristrutturare. L’appassionante (e agghiacciante) saga “Edilizia for Dummies” dovrebbe essere lettura obbligatoria per chiunque si accinga a un’impresa del genere.
Non è mia intenzione paragonare qualche risibile contrattempo con l’impresa titanica narrata su quelle variopinte pagine, però…mi pare che nemmeno questo tizio abbia provato il brivido eccitante dello scoprire, a meno di un quarto per il completamento della quarta parete da tinteggiare, è innegabilmente, irrimediabilmente, tragicamente finita la pittura.
Mia madre e l’amico di famiglia che ci sta aiutando sono andati all’Iper di corsa a prenderne altra, alle sei di sera di domenica, c’era tutto il mondo, hanno impiegato una vita e io sola nella casa ancora sconosciuta, al freddo e al buio (non erano solo le lampadine da 100W a essere uscite di produzione? Come mai non se ne trovano più di nessun tipo? Cosa metterò nelle abat-jour?) e stavo perdendo la speranza. Ecco, mi ha portata nella nuova dimora e se n’è andata, come mamma orsa. Solo che qui non ho da mangiare, non ho il letto, fuori diluvia…
***Qui finisce il flusso incoerente di parole. Dovrebbe notarsi una differenza***
Ma chi voglio prendere in giro? Avevo già interrotto il romanzo prima. Una scena mi ha precipitata nel panico. Una nuova consapevolezza tremenda, anzi orribile. Una epifania oscura, come dice il titolo. Probabilmente c’è un altro modo, un termine preciso per indicare questo, ma io per l’appunto non lo conosco, perché…
Non so descrivere. Non so dare l’idea di come sia fatto qualcosa. Ho sempre considerato così noiose e superflue le descrizioni fisiche degli ambienti e dei paesaggi da leggerle, per così dire, con un occhio solo, e non ne ricordo mezza! Non ho imparato nulla, e ora ne pago lo scotto. Non conosco le parole giuste.
Che pizza tutti ‘sti nomi di piante, come faccio a riconoscerli, non sono mica una fiorista.
Chi li distingue i tessuti, non sono mica una sarta.
Cosa mi importa dei dettagli dell’edificio, non sono mica un architetto.
No, non sono…né…neanche questo…e nemmeno…
No. Sono…UN POZZO DI IGNORANZA!
Come posso aver anche solo pensato di scrivere un libro con questi presupposti? Per riempirli di “cose così”, di “affari lì”, e “specie di tipo di cosi”?
Ecco perché mi annoiavo nelle descrizioni altrui: era proprio colpa mia se non ci capivo un tubo!
Cosa faccio adesso? Scopiazzare? Andare a cercarmi i passi descrittivi nei romanzi degli altri, copiarli in un quadernetto e rimescolare le frasi? Sì, magari col Polygen!
Be’, alcuni l’hanno fatto con trame e personaggi e ha funzionato egregiamente…
Non mi riferisco tanto a questo blog né agli altri che sto tentando di iniziare. Parlo del romanzo.
Ho qualche buona scusa.
***Inizia qui flusso incoerente di parole***
Serate e weekend passati inginocchiata ad appiccicare giornali sul battiscopa, a spennellare la parte in basso dei muri e i contorni delle porte, mi fregano sempre tutti, quando arrivi col treno vieni un attimo nella casa nuova parliamo di due cose e poi mi trovo sulla scala a scartavetrare e non si parla per nulla, quando non andiamo dall’amministratrice, sul tetto, in giro per i mercatini dell’usato più eleganti mobilifici della provincia.
Quasi non ricordo come sia fatta la casa vecchia, non rispondo più alle mail, non ho ancora mandato il commento all’antologia, sollecitatomi dall’editore, faccio brutte figure con tutti. Torno solo a dormire e anche la gatta ne risente, povera ciccetta a strisce.
L’autore di questo blog avrà la mia sempiterna gratitudine per avermi distolta dall’incauto proposito di acquistare una casa ancora da ristrutturare. L’appassionante (e agghiacciante) saga “Edilizia for Dummies” dovrebbe essere lettura obbligatoria per chiunque si accinga a un’impresa del genere.
Non è mia intenzione paragonare qualche risibile contrattempo con l’impresa titanica narrata su quelle variopinte pagine, però…mi pare che nemmeno questo tizio abbia provato il brivido eccitante dello scoprire, a meno di un quarto per il completamento della quarta parete da tinteggiare, è innegabilmente, irrimediabilmente, tragicamente finita la pittura.
Mia madre e l’amico di famiglia che ci sta aiutando sono andati all’Iper di corsa a prenderne altra, alle sei di sera di domenica, c’era tutto il mondo, hanno impiegato una vita e io sola nella casa ancora sconosciuta, al freddo e al buio (non erano solo le lampadine da 100W a essere uscite di produzione? Come mai non se ne trovano più di nessun tipo? Cosa metterò nelle abat-jour?) e stavo perdendo la speranza. Ecco, mi ha portata nella nuova dimora e se n’è andata, come mamma orsa. Solo che qui non ho da mangiare, non ho il letto, fuori diluvia…
***Qui finisce il flusso incoerente di parole. Dovrebbe notarsi una differenza***
Ma chi voglio prendere in giro? Avevo già interrotto il romanzo prima. Una scena mi ha precipitata nel panico. Una nuova consapevolezza tremenda, anzi orribile. Una epifania oscura, come dice il titolo. Probabilmente c’è un altro modo, un termine preciso per indicare questo, ma io per l’appunto non lo conosco, perché…
Non so descrivere. Non so dare l’idea di come sia fatto qualcosa. Ho sempre considerato così noiose e superflue le descrizioni fisiche degli ambienti e dei paesaggi da leggerle, per così dire, con un occhio solo, e non ne ricordo mezza! Non ho imparato nulla, e ora ne pago lo scotto. Non conosco le parole giuste.
Che pizza tutti ‘sti nomi di piante, come faccio a riconoscerli, non sono mica una fiorista.
Chi li distingue i tessuti, non sono mica una sarta.
Cosa mi importa dei dettagli dell’edificio, non sono mica un architetto.
No, non sono…né…neanche questo…e nemmeno…
No. Sono…UN POZZO DI IGNORANZA!
Come posso aver anche solo pensato di scrivere un libro con questi presupposti? Per riempirli di “cose così”, di “affari lì”, e “specie di tipo di cosi”?
Ecco perché mi annoiavo nelle descrizioni altrui: era proprio colpa mia se non ci capivo un tubo!
Cosa faccio adesso? Scopiazzare? Andare a cercarmi i passi descrittivi nei romanzi degli altri, copiarli in un quadernetto e rimescolare le frasi? Sì, magari col Polygen!
Be’, alcuni l’hanno fatto con trame e personaggi e ha funzionato egregiamente…
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