Sono in agitazione per il concorso. No, non una competizione letteraria o musicale, magari! No, qualcosa di assai meno divertente, decisamente più stressante: il concorso che mi permetterebbe di essere finalmente assunta a tempo indeterminato dove lavoro da ormai più di cinque anni. Ovviamente devo fare due prove scritte e una orale per dimostrare che sono in grado di fare quello che faccio.
Questo concorso lo aspettiamo da più di un anno, è slittato sempre più. Ora si parla di ottobre. Hanno cominciato a venirmi paranoie del tipo: e se mi rompo una gamba, e se succede una disgrazia, se mi ammalo…Sperano che moriamo nel frattempo, così hanno risolto il problema precari?
E le prove verteranno su leggi e leggine e regolamenti che poco hanno a che fare con la mia attività pratica, che non riesco neanche a studiare perché si cancellano immediatamente dalla mia memoria…da qui la colpa.
Ma d’altro canto sarebbe forse peggio se mi chiedessero davvero cosa faccio, io che saltello a spizzichi e bocconi per tre reparti, cambiando anche giorni e turni come cambia il vento, oplà (non per mia iniziativa, sia chiaro), e dappertutto faccio preparativa, sostanzialmente lavoro manuale, sebbene specializzato. Non fraintendetemi, mi va bene così, mi ci mancherebbe anche di dovermi prendere le rogne di tutti quanti! Ma un solo procedimento completo, dall’inizio alla fine, non lo vedo mai.
A voler essere pignoli ho lavorato in quattro reparti, ma uno (dove avevo fatto una sostituzione di maternità) ormai non mi appartiene più. Peccato, perché era quello dove –nonostante l’eterna presenza di una dirigente che più rompi non si poteva- regnava l’allegria, grazie al collega canterino e disimpegnato.
Non che gli altri tre dove sono ora non abbiano i loro lati positivi.
In uno godo della piacevole compagnia di un altro collega appassionato di teatro e di libri, con cui posso fare conversazioni culturali…ma anche scherzare e farmi dare consigli di vita, all’insegna della simpatia.
Un altro può sembrare un luogo freddo, poco amichevole, in cui si sgobba in silenzio e basta, ma in realtà per me tacere non è un problema e il lavoro –quando ho istruzioni chiare!- non mi spaventa. No, anzi, lì si respira un’aria di grande professionalità e sono orgogliosa di farne parte, anche se coi miei limiti.
E nel quarto, che poi era anche il primo a cui ero stata assegnata al mio arrivo nel 2003, c’è…ecco, c’è…Alfredo.
Uffa, Alf, smettila di fare la piaga, non ho detto che voi siete deprimenti, antipatici e non sapete lavorare! Non mai avrei voluto dirtelo…ma insistevi…
Uffa, Alf, smettila di fare la piaga, non ho detto che voi siete deprimenti, antipatici e non sapete lavorare! Non mai avrei voluto dirtelo…ma insistevi…
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