domenica 25 gennaio 2009

Proposte indecenti

Sono stata rimproverata per il mio post sui concerti di Natale: l’amico di cui ho riportato la mail è preoccupatissimo, persuaso che discorsi come quelli potrebbero farci cacciare in perpetuo dall’amabile congrega dei musicisti, per nulla permalosi, si sa.

Bene, visto che ormai abbiamo rotto il ghiaccio, mi sento incitata a continuare a dire quello che penso.

Proprio dal suddetto concerto di Natale mi sono scaturite due riflessioni, che mi hanno condotto ad altrettante proposte provocatorie e scandalose per il futuro.

Emilio ed io ci siamo fatti un…ehm affaticati tanto a suonare i flautoni, basso e granbasso, perché giustamente non bisogna intersecare la voce, il flauto dolce suona un’ottava sopra quello che legge e quindi…poi ci sono problemi di intonazione e blablabla (se volete sentire tutto lo spiegone chiedete a Gae). Ok. Ma certo questi tuboni non danno soddisfazione, non si sente un bel niente nell’insieme, quando mi trovavo a suonare all’unisono con il trombone non mi sentivo nemmeno io.
E cosa capita? Che poi l’organista quando accompagna per dare corpo mette su i registri coi flautini che fanno piiipiii…cioè esattamente quello che potevamo fare noi! E questo non dà fastidio alla voce? Ma perché allora non scambiarci, noi suoniamo i flautini e lui sostiene i bassi?

Adesso viene la proposta più forte e più indecente, eh. Avviso tutti: il mio rapporto con la musica è un po’ pragmatico ma anche molto viscerale. Cioè, quel che conta è il risultato, e l’unico risultato che conta è l’emozione che dà.
Se siete dei puristi non leggete.

I nostri flauti sono stonati, va bene, lo ammettiamo, perlopiù calanti. Ma sono strumenti a intonazione fissa, purtroppo sbagliata. Bisognerebbe segarli per risolvere il problema, e comunque non andrebbero automaticamente a posto tutte le note.
Aggiustarsi va bene, ma ci sono limiti, non ha senso soffiare come mantici o appena appena, lo strumento richiede una certa ben precisa pressione di fiato, sennò il suono fa schifo!
Invece clavicembalo, chitarrone e –in una certa misura- dulciana hanno la possibilità di adattarsi molto meglio.

Lo dico?

Ecco, ragazzi…perché non scendete voi, giusto un pelo?
Ci fanno la multa se non siamo esattamente a 440?
Non è più importante essere intonati tutti tra noi che rispetto a chissà chi?

(Se Gae non mi toglie il saluto stavolta…)

Aggiornamento (30/1/09)

Commento dell’amico esperto:

Rispetto alla tua ultima performance, secondo me il difetto più grosso è che i tuoi lettori diranno: E chi se ne frega! Nel merito, è ovvio che in un buon gruppo, affiatato, con un direttore serio, si cercherebbe il compromesso migliore su tutto, volume, diapason ecc. Ma con gente come P. o G. (non faccio nomi perchè rischio di trovarmi sputtanato sul tuo blog, che dovrò chiedere alla Polizia Postale di chiudere) che raffazzona gente sul momento e si aspetta che risolvano loro i problemi - se fossero diplomati di conservatorio e magari professionisti capisco, ma non è così... Insomma, figlia mia, ci vuole pazienza e battersene il flautino.

Insomma, non ho detto eresie così grosse…

domenica 18 gennaio 2009

Inconcludente

I blog di tanti altri aspiranti scrittori sono pieni di post serissimi, intellettuali e profondi, oppure un po’ ermetici, di quell’ermetismo che ti fa dire “ma quanto è intelligente questo qui!” perché non hai il coraggio di dire “eehhh?!”
Oppure ancora recensioni importanti di caterve e caterve di libri/film…
E io invece…boh.
Mi sento sempre così inadeguata.

Prendiamo i racconti, che stanno eternamente nell’elenco dei progetti in corso qui di fianco.
Per la maggior parte, sono idee tratte da sogni (o meglio incubi), per cui mi si presentano in testa con già una forma definita, una trama, quasi tutto insomma. Niente a che vedere col lavoro bestiale che c’è dietro la composizione di un romanzo, dove hai solo qualche idea e devi costruire di sana pianta tutto il resto intorno, ed è un continuo provare e correggere, cambiare e buttare per aria, quando non passi settimane fermo per un banale intoppo.

I racconti dovrebbero andare lisci come l’olio, dovrei solo riportare la storia che già si è composta da sola nella mia mente mentre dormivo, aggiustarla un pochino per renderla più lineare e via.
Invece no, perché –per l’appunto- sono sogni, sono un canale diretto col mio essere più intimo, dentro c’è qualcosa di dannatamente doloroso e/o angosciante, dentro ci sono io, e mi fanno stare male.
Buttarli su carta è una terapia, ma equivale a incidere una ferita.

Così I guardiani del Sabato è così triste che quando ci penso, quando cerco di comporre mentalmente frasi sul treno devo smettere perché mi ritrovo coi lucciconi, quello chiamato per ora Betty! Betty! (titolo stupido, poi lo cambierò) mi fa francamente paura, e sono del tutto incapace di rileggere ad alta voce la parte finale de I passi che facciamo, che mi ammazza (non è nell’elenco perché teoricamente finito) e per il quale non ho ancora oggi trovato una chiusa decente.

E di dedicarmi agli altri, quelli un po’ meno intensi, non ho mai voglia. Penso che allora sarebbe meglio lavorare al romanzo, sarebbe meglio far questo e quell’altro e alla fine non concludo…un corpo cilindrico cavo, esatto.
Che sciagurata.

lunedì 12 gennaio 2009

Prima persona ignorante

Ogni tanto mi imbatto nell’affermazione che la prima persona sarebbe più facile da usare, e perciò preferita dai principianti.

Rispetto a cosa? Rispetto al narratore onniscente, o meglio, alla terza persona "relativa" che si usa oggi, quella in cui si segue per filo e per segno un solo personaggio per volta, entrando anche nella sua testa e mostrando la storia dal suo personale punto di vista, almeno per quella scena, quel capitolo.

Ma in pratica in molti libri non si fa altro che ripetere il giochetto per tutti i personaggi importanti, e allora il narratore di fatto torna a essere onniscente a parer mio, anche se al lettore dà poche informazioni per volta.

Forse ho una gran confusione in testa.

Resta il fatto che a me sembra questa la tecnica più facile. Cosa c’è di più semplice e immediato che spiattellare tutti i cavoli di ciascuno…vale a dire presentare Tizio, Caio e Sempronio, ognuno col suo passato e le sue motivazioni, nell’illustrare e svelare ogni pensiero, ogni sentimento?

La prima persona, al contrario, è fortemente limitata e limitante; sembra la scelta più spontanea, ma è complessa da portare avanti. E senza annoiare il lettore, perché non dimentichiamoci che l’effetto "sproloquio" (in fondo è un personaggio che parla, parla…) è sempre in agguato.

La prima persona è "facile" (relativamente) solo se prendo come punto di vista quello del protagonista…che magari mi somiglia molto come carattere…certo, come no! E’ un romanzo o una fanfiction?

Ma se invece scelgo come narratore un personaggio secondario?

Immaginiamo una situazione in cui il personaggio A è segretamente innamorato di B, ma per vari motivi non vuole assolutamente che B lo scopra, anzi cerca con tutte le sue forze di soffocare il sentimento anche dentro di sé, e per questo tratta l’altro con freddezza, se non con astio e ostilità.
Dal canto suo, B sembra una persona sicura di sé, forte, quasi cinica, ma in realtà nasconde una profonda solitudine che lo fa soffrire, e l’apparente odio di A, che egli crede autentico, lo ferisce intimamente. Da qui tutta una serie di litigi e cattiverie reciproche.

Con la terza persona relativa non avrei problemi a delinare alla perfezione il quadro della situazione, anche se mi limitassi a osservare gli eventi dalla parte di uno solo dei due protagonisti.

Ma invece no, lascio che a parlare sia il personaggio C, un altro, magari un po’ ingenuotto, che non può avere la più pallida idea di cosa passi per la testa degli altri due: non sospetta la passione proibita che arde in A, non si sogna neanche che B possa essere così fragile. Ecco che C mi racconterà solo quello che vede e sente, perché degli altri lui conosce solamente le parole, le azioni, e le interpreterà a modo suo.

Quanto è facile far arrivare al lettore la verità sulle motivazioni dei personaggi, di fatto scavalcando questa "prima persona ignorante"? Bisogna disseminare il tutto di indizi che l’ignaro C riporti senza capirli.

Ecco, è questo che sto cercando di fare. E non con un solo narratore, ma con cinque.

Se fossi sana di mente non farei la musicista, né il chimico, né l’aspirante scrittrice.

domenica 4 gennaio 2009

Difficoltà vegetali

Non sono solo gli abeti veri a passare un brutto periodo a dicembre.

Un alberello di plastica, di prima ancora che io nascessi (non lo chiamo ecologico perché chissà, una volta non si badava a certe cose, e può pure essere che sia fatto di materiali estremamente tossici e mutageni), è sempre stato il MIO albero di Natale. E’ piccolo e stortignaccolo, coi rami che ormai penzolano deformati, la punta a 60°…ma ci sono affezionata, non potrei neanche immaginare di addobbarne un altro.

Né ho mai rinunciato all’albero, e ai pacchetti messi sotto in attesa.

Eppure quest’anno abbiamo dovuto rassegnarci a decorazioni sottotono, con le palline anonime di plastica infrangibile, pupazzetti insignificanti, niente lucine né strisce argentate. L’albero più brutto della storia.

Anche così ha attirato troppo l’attenzione, povero abetino sintetico, ed è stato brutalmente aggredito, morso, sbatacchiato e un paio di volte è svenuto…

Come mai? Tutto a causa del nuovo mostro che ormai da diverse settimane imperversa in casa.
Ecco, guardate che essere spaventoso:

Brigida, una creatura terrificante, la cui ferocia trasuda dallo sguardo assassino.


E stavolta non abbiamo nemmeno la scusa di essere state ipnotizzate per strada da uno di questi demoni pelosi che ci ha convinte a portarcelo a casa, com’era accaduto nel 1993…no, stavolta io e mia madre (l’una più scema dell’altra), ce la siamo pure andate a prendere apposta, a casa del diavolo!

Ma chi è causa del suo mal…