lunedì 12 gennaio 2009

Prima persona ignorante

Ogni tanto mi imbatto nell’affermazione che la prima persona sarebbe più facile da usare, e perciò preferita dai principianti.

Rispetto a cosa? Rispetto al narratore onniscente, o meglio, alla terza persona "relativa" che si usa oggi, quella in cui si segue per filo e per segno un solo personaggio per volta, entrando anche nella sua testa e mostrando la storia dal suo personale punto di vista, almeno per quella scena, quel capitolo.

Ma in pratica in molti libri non si fa altro che ripetere il giochetto per tutti i personaggi importanti, e allora il narratore di fatto torna a essere onniscente a parer mio, anche se al lettore dà poche informazioni per volta.

Forse ho una gran confusione in testa.

Resta il fatto che a me sembra questa la tecnica più facile. Cosa c’è di più semplice e immediato che spiattellare tutti i cavoli di ciascuno…vale a dire presentare Tizio, Caio e Sempronio, ognuno col suo passato e le sue motivazioni, nell’illustrare e svelare ogni pensiero, ogni sentimento?

La prima persona, al contrario, è fortemente limitata e limitante; sembra la scelta più spontanea, ma è complessa da portare avanti. E senza annoiare il lettore, perché non dimentichiamoci che l’effetto "sproloquio" (in fondo è un personaggio che parla, parla…) è sempre in agguato.

La prima persona è "facile" (relativamente) solo se prendo come punto di vista quello del protagonista…che magari mi somiglia molto come carattere…certo, come no! E’ un romanzo o una fanfiction?

Ma se invece scelgo come narratore un personaggio secondario?

Immaginiamo una situazione in cui il personaggio A è segretamente innamorato di B, ma per vari motivi non vuole assolutamente che B lo scopra, anzi cerca con tutte le sue forze di soffocare il sentimento anche dentro di sé, e per questo tratta l’altro con freddezza, se non con astio e ostilità.
Dal canto suo, B sembra una persona sicura di sé, forte, quasi cinica, ma in realtà nasconde una profonda solitudine che lo fa soffrire, e l’apparente odio di A, che egli crede autentico, lo ferisce intimamente. Da qui tutta una serie di litigi e cattiverie reciproche.

Con la terza persona relativa non avrei problemi a delinare alla perfezione il quadro della situazione, anche se mi limitassi a osservare gli eventi dalla parte di uno solo dei due protagonisti.

Ma invece no, lascio che a parlare sia il personaggio C, un altro, magari un po’ ingenuotto, che non può avere la più pallida idea di cosa passi per la testa degli altri due: non sospetta la passione proibita che arde in A, non si sogna neanche che B possa essere così fragile. Ecco che C mi racconterà solo quello che vede e sente, perché degli altri lui conosce solamente le parole, le azioni, e le interpreterà a modo suo.

Quanto è facile far arrivare al lettore la verità sulle motivazioni dei personaggi, di fatto scavalcando questa "prima persona ignorante"? Bisogna disseminare il tutto di indizi che l’ignaro C riporti senza capirli.

Ecco, è questo che sto cercando di fare. E non con un solo narratore, ma con cinque.

Se fossi sana di mente non farei la musicista, né il chimico, né l’aspirante scrittrice.

4 commenti:

Simone ha detto...

Per me sì, è più facile la prima persona... anche se ovviamente poi un libro può essere bello in un modo o nell'altro.

Quella storia dei 5 narratori incrociati mi suona più come un problema di matematica che un romanzo... però mi hai incuriosito, ciao! ^^

Simone

Auletride ha detto...

In cosa risulta più facile? Forse è un limite mio...solo adesso mi sono sentita di sperimentare in questo modo.

I 5 narratori non si incrociano tutto il tempo, anzi quasi mai, per lo più raccontano pezzi diversi della storia.

La mia idea è appunto quella di comporre un quadro frammentario, senza imporre la verità assoluta del narratore esterno...sarà troppo confuso? Mah!

Anonimo ha detto...

Secondo me è invece il contrario. Scrivere un romanzo in prima persona è più difficile che scriverlo in terza. La prima persona necessita di un immedesimazione totale con il protagonista e la cosa è davvero di una complessità pazzesca quando questo protagonista non è un personaggio che assomiglia allo scrittore. Provate a pensare cosa significhi narrare la storia di un bambino. Provate a pensare cosa significhi narrare la storia di un vecchio novantenne rimbambito. Siete disposti a mettere da parte il vostro talento letterario in favore di un'immersione totale nella mente del vostro protagonista?
La terza persona invece vi lascia spazio. Lascia che voi siate quel che siete veramente. Lascia lo scrittore al ruolo di scrittore e il personaggio al ruolo di personaggio. E' molto più semplice.
Il problema che invece probabilmente vi fa pensare l'esatto contrario è secondo me il risultato del vostro romanzo. Mi spiego. Se fate una narrazione in prima persona e rappresentate un ragazzo di tredici anni, scriverete come se voi foste quel ragazzo, comprese anche le sue carenze nel linguaggio e la sua visione ancora approssimativa del mondo che lo circonda. Chi può dirvi che abbiate fatto male? Può piacere o non piacere il romanzo, ma solo voi conoscete alla perfezione quel ragazzo di tredici anni. Solo voi potete sapere bene come si esprime e cosa pensa dalla mattina alla sera. Lo scrittore non può essere confrontabile e questo è un grande vantaggio.
Se andrete invece a scrivere in terza persona, sarete a confronto con migliaia di scrittori professionisti che probabilmente scrivono meglio di voi e questo può far valutare la vostra opera con un metro oggettivo al quale non potete sfuggire.
Questo secondo me è il problema.

Auletride ha detto...

Il mio post era stato ispirato dalle osservazioni di qualcuno su un forum (non ricordo assolutamente dove) che raccontava di come a un seminario di scrittura l'insegnante avesse proibito agli allievi di scrivere in prima persona perché, secondo lui/lei, troppo facile.

Secondo me l'insegnante era semplicemente stufo/a di sorbirsi pagine di diario e insignificanti episodi autobiografici spacciati per racconti...

La mia opinione è che la prima persona sia difficile da rendere bene, ma essendo effettivamente più immediata "si presti" a diventare banale se uno non sa come maneggiarla (= se uno mette sempre una copia di se stesso come narratore). Un po' come gli acquerelli, che si danno ai bambini per pasticciare e sembrano facili, ma poi usarli per dipingere sul serio è tutt'altra storia...Quindi sì, forse per un principiante è pericoloso iniziare da qui.

Io, a essere sincera, ho cambiato punto di vista perchè trovavo impossibile seguire la protagonista sebbene in terza persona, è un tipo troppo diverso da me e continuavo a pensare: ma chi la capisce, perché fa così?
Era principalmente per questo motivo che continuavo a bloccarmi.
Quindi ho adottato un personaggio simile a me, che per l'appunto segue le avventure dell'altra pensando: boh! ^___^

E poi inserire tutta la vicenda in una cornice di altri personaggi che raccontano mi pare renda il tutto più interessante e variegato. Almeno, questo è il progetto...