sabato 11 aprile 2009

Non è mica uno spogliarello

Emi va al Carlo Felice ad assistere alla Passione Secondo Matteo, e prima dello spettacolo un tizio intima a tutti di pensare ai “caduti dell’Abruzzo” e impone un minuto di silenzio.

Ora, dice lui, a parte che i “caduti” sono quelli che muoiono in guerra e per fortuna non è questo il caso, ma perché mai noi ci dovremmo sentire in colpa, come fossimo a una festa frivola e inappropriata? Per la Passione?!

Emi è talvolta brutale nelle sue esternazioni, ma la sua irritazione mi ha indotta a domandarmi se le trasmissioni tv più frivole e inappropriate si siano fermate in questi giorni.
Ma avrebbero dovuto? Non so.
Tirare musi in effetti non aiuta nessuno.

Perciò posto un interessante articolo del mio amico, già pronto da tempo in verità…


AL DIAPASON!

La mia cara Auly (già immagino la faccia che farà leggendo questo inizio) si è meco lamentata recentemente perché, durante le prove e i concerti di Natale, in cui suonava l’ingombrantissimo flauto gran basso in Do (che negli insieme sta alla voce del tenore), si è dovuta dannare per cercare di arrivare al diapason voluto dal direttore, che peraltro era il consueto 440 (hertz); si/mi chiedeva Auly: ma visto che clavicembalo e organo nonché il liuto – quando non è scordato – potevano benissimo essere accordati ad un diapason inferiore, non potevano venirmi incontro anziché farmi spolmonare per poi essere stonata e conseguentemente ripresa e depressa? E’ così importante rispettare il diapason a 440?

Beh no, che diamine! Al diavolo il diapason, è tutta una convenzione! Tant’è vero che alcuni anni fa, per combattere la tendenza di alcuni direttori importanti ad adottare un diapason più alto, che faceva svettare le voci e squillare gli archi e i fiati, ma rischiava di logorare le corde vocali dei cantanti e accorciarne la carriera, era stata presentata una proposta di legge che imponeva nelle sale di concerto e teatri il rispetto del diapason a 440 – l’articolista ironizzava sui Carabinieri che andavano col corista a controllare …

Per gli appassionati della cosiddetta musica antica, poi, parlare di un diapason di riferimento fa ridere: per quel che ne so, nei tempi antichi i costruttori intonavano gli strumenti sulla campana della chiesa, quindi ce n'era uno per villaggio ... Del resto nessuno portava i suoi strumenti con sé (peraltro in viaggi disagevoli, malsani e pericolosi), quando arrivavano a destinazione trovavano lì gli strumenti e quelli suonavano – ne è derivato addirittura un genere musicale, quello dei Preludes, brevi brani a carattere improvvisatorio che servivano a prendere confidenza col “nuovo” strumento.

Anche esaminando gli ordini che importanti corti o famiglie facevano a costruttori stranieri, si rileva che comperavano gli strumenti a decine, in modo che fossero intonati tra loro in numero sufficiente.

Anche il famoso 415, che è stato il diapason di riferimento per i cultori della rinascita della musica barocca, era il diapason più comune in Germania tra i cori, niente più!! A Venezia pare si usasse un diapason a 465, in Francia nel periodo preclassico 435, e così via. Certo, oggi che un musicista parte da Roma col suo strumento e va a suonare a Tokio, per dire, se non ci fosse un diapason standard sai che problemi! e poi gli strumenti moderni sono fabbricati in serie e standardizzati, ma è proprio questo che abbiamo rifiutato, noi cultori della ricostruzione filologica della musica, no?

Quindi ha pienamente ragione Auly e torto il direttore, anche se lo capisco, poveretto, a mettere d’accordo una decina di pazzi …

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