mercoledì 29 aprile 2009

Thomas Covenant – La prima serie / 1

L’assai poco conosciuta (e apprezzata) in Italia trilogia The Chronicles of Thomas Covenant the Unbeliever (1977) di S. R. Donaldson è composta da:

Lord Foul’s Bane (La conquista dello scettro)
The Illearth War (La guerra dei giganti)
The Power that Preserves (L’assedio della Rocca)

Sebbene siano stati tradotti, ne parlo lasciando titoli e nomi in inglese perché è così che li conosco io.
(Sulla qualità della traduzione non so nulla, ma mi sento diffidente a priori…)

Non sono libri ingannevoli. Si capisce subito cosa si ha in mano. Veniamo immediatamente immersi, nei primi capitoli, nella descrizione dettagliata degli effetti della lebbra, con esempi piuttosto grafici.
Ma non è certo gusto splatter fine a se stesso: è una vera anticipazione della trama, di ciò che andrà ad accadere, figuratamente, durante la trilogia.

A guardarla con occhio critico, molti troveranno questa parte iniziale –la carrellata sulla vita del protagonista fino a quel momento- piuttosto infodumposa: ma c’era davvero un altro modo di far comprendere come Thomas Covenant fosse diventato il bastardo insensibile che presto conosceremo? Come questa sua poca affabilità sia però una seconda natura impostagli dalla malattia, un meccanismo difensivo –il che ci induce a sperare che alla fine di tutto la sua umanità repressa torni a prevalere?

All’inizio della storia Covenant ormai si è rassegnato (o almeno si è convinto di essersi rassegnato) a non aspettarsi più nulla dalla vita, vorrebbe solo pagare la bolletta del gas, possibilmente senza che i simpatici abitanti del luogo scappino urlando quando lui passa per la strada.

Per farla breve, dopo un incontro enigmatico con uno strano mendicante, ecco che il nostro eroe cade per terra e bam! si ritrova in un altro mondo, la Land, appunto, dove un’entità maligna dai molti nomi (nessuno dei quali lusinghiero) tenta dapprima di tirarlo dalla sua parte e poi, avendo ottenuto un rifiuto, gli affida un messaggio minaccioso da portare a chi di dovere.

Sebbene nel ’77 non ci fosse ancora stata l’inflazione di signori del male e di eroi terrestri in trasferta che hanno poi imperversato nei decenni successivi, bisogna ammettere che questo spunto di per sé non sembra molto originale…se non fosse per il personaggio centrale, che non si lascia incasellare in una categoria. Non è certo l’eroico salvatore che gli abitanti della Land si aspettavano, non è neanche l’antieroe imbranato ma volenteroso che alla fine ce la mette tutta per non fare brutta figura, no no, lui si comporta proprio come un figlio di.

Lo spettacolo della Land, in cui veniamo catapultati insieme a lui, è di uno splendore da mozzare il fiato. Un mondo idilliaco, puro, sano, niente a che vedere con quelle brutte copie di medioevo alternativo con cui ci asfissiano oggi; un mondo in cui gli abitanti non conoscono la guerra, non conoscono avidità, vivono in perfetta simbiosi tra loro e con la natura (che –questo bisogna dirlo- non è matrigna come la nostra, ma anch’essa molto più benevola), la parola data è la parola data, l’amicizia e la collaborazione sono i principi cardine su cui si fonda ogni cosa e l’unica malvagità è quella portata –per l’appunto- da Lord Foul e i suoi demoniaci progetti.

Manicheo? Certo, perché no? E’ fantasy. Se voglio leggere storie di guerricciattole e crudeltà tra piccoli uomini tutti ugualmente meschini senza che ci sia nessuno di cui valga la pena prendere le parti leggo il giornale.
La Land com’è all’inizio della storia è –unica tra tutti i mondi fantasy da me visitati- davvero il posto dove vorrei vivere. E -mi sia consentito esprimermi con la leggerezza della tipica fangirl- se non ne vedete la bellezza siete dei caproni.

I personaggi principali sono l’incarnazione stessa di questa bellezza, di questa innocenza.
Lord Mhoram, Foamfollower e Bannor soprattutto. Ma anche Lena, Bannor, Trell, Bannor, …l’ho già nominato Bannor? E’ impossibile non amarli. A meno di non essere, per l’appunto, ovini senza discernimento come dicevo prima. E a parte Elena, che mi è antipatica.

No, certo, non sono “umani” nel senso comune del termine. Pur non perfetti e non certo immuni all’errore, non si comportano come faremmo noi: sono persone altruiste, col senso del dovere, continuamente spinti dal desiderio di fare la cosa giusta, di proteggere i più deboli. Per questo Covenant si convince che non possono essere veri, e loro d’altro canto continuano ad avere fiducia in lui, a perdonargli ogni offesa, perché l’idea che qualcuno possa non avere a cuore il bene della Land sopra ogni altro interesse è un concetto che semplicemente non riescono a contemplare.

I lettori che amano gli intrighi e i tradimenti, che si alimentano di fratricidi e guerre civili senza esclusione di colpi si annoieranno a morte, quindi, a viaggiare con compagni privi di qualsivoglia secondo fine, a farsi assistere da guardie del corpo di cui ci si può fidare ciecamente, a conversare con giganti gioviali il cui ottimismo fa male al cuore.

Senza dubbio ‘sti Lord sono quattro imbranati, che non sanno neanche usare il potere per quello che serve davvero, cioè affascinare belle ragazze (o bei ragazzi) e vivere da nababbi. I giganti che potrebbero spaccare tutto e comandare loro invece stanno sempre a raccontarsi storielle e a sospirare per la nostalgia di casa, mammolette! E non parliamo neanche del Voto delle Bloodguard: castità per duemila anni, cioè.

Ma attenzione, lettori crudeli, non tutto è perduto: forse quando tutta questa gente verrà travolta dal male che ritorcerà la loro stessa innocenza contro di essi per schiacciarli –volendo distruggerli moralmente oltre che annientarli-, forse allora vi divertirete!

Continua...

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