domenica 14 settembre 2008

Concorso di colpa

Sono in agitazione per il concorso. No, non una competizione letteraria o musicale, magari! No, qualcosa di assai meno divertente, decisamente più stressante: il concorso che mi permetterebbe di essere finalmente assunta a tempo indeterminato dove lavoro da ormai più di cinque anni. Ovviamente devo fare due prove scritte e una orale per dimostrare che sono in grado di fare quello che faccio.

Questo concorso lo aspettiamo da più di un anno, è slittato sempre più. Ora si parla di ottobre. Hanno cominciato a venirmi paranoie del tipo: e se mi rompo una gamba, e se succede una disgrazia, se mi ammalo…Sperano che moriamo nel frattempo, così hanno risolto il problema precari?

E le prove verteranno su leggi e leggine e regolamenti che poco hanno a che fare con la mia attività pratica, che non riesco neanche a studiare perché si cancellano immediatamente dalla mia memoria…da qui la colpa.

Ma d’altro canto sarebbe forse peggio se mi chiedessero davvero cosa faccio, io che saltello a spizzichi e bocconi per tre reparti, cambiando anche giorni e turni come cambia il vento, oplà (non per mia iniziativa, sia chiaro), e dappertutto faccio preparativa, sostanzialmente lavoro manuale, sebbene specializzato. Non fraintendetemi, mi va bene così, mi ci mancherebbe anche di dovermi prendere le rogne di tutti quanti! Ma un solo procedimento completo, dall’inizio alla fine, non lo vedo mai.

A voler essere pignoli ho lavorato in quattro reparti, ma uno (dove avevo fatto una sostituzione di maternità) ormai non mi appartiene più. Peccato, perché era quello dove –nonostante l’eterna presenza di una dirigente che più rompi non si poteva- regnava l’allegria, grazie al collega canterino e disimpegnato.

Non che gli altri tre dove sono ora non abbiano i loro lati positivi.

In uno godo della piacevole compagnia di un altro collega appassionato di teatro e di libri, con cui posso fare conversazioni culturali…ma anche scherzare e farmi dare consigli di vita, all’insegna della simpatia.

Un altro può sembrare un luogo freddo, poco amichevole, in cui si sgobba in silenzio e basta, ma in realtà per me tacere non è un problema e il lavoro –quando ho istruzioni chiare!- non mi spaventa. No, anzi, lì si respira un’aria di grande professionalità e sono orgogliosa di farne parte, anche se coi miei limiti.

E nel quarto, che poi era anche il primo a cui ero stata assegnata al mio arrivo nel 2003, c’è…ecco, c’è…Alfredo.
Uffa, Alf, smettila di fare la piaga, non ho detto che voi siete deprimenti, antipatici e non sapete lavorare! Non mai avrei voluto dirtelo…ma insistevi…

domenica 7 settembre 2008

Medioevo pussa via

non rovinar la fantasy mia...

No, davvero, non ne posso più. Ormai sembra che non ci si possa azzardare a scrivere fantasy classica, neppure in tono favolistico, senza nel contempo compilare un rigoroso saggio storico sulla vita nel Medioevo europeo, altrimenti i talebani ti aspettano sotto casa.

OK, la situazione è questa. Generalmente, per ambientare una storia fantasy si ha bisogno di un mondo a bassa tecnologia, poco popolato, ricco di grandi zone inesplorate in cui piazzare pericoli e meraviglie. Ecco che il primo punto di partenza tende a essere, un po' per tutti, il mondo delle fiabe che leggevamo da bambini, un "medioevo" vago e indistinto, ideale, che magari in sè non interessa neanche più di tanto, è solo -per l'appunto- uno sfondo su cui lavorare.

E' ovvio che per diventare scrittori seri bisogna studiare un po' e fare attenzione ai dettagli. Occorre evitare a ogni costo i veri anacronismi e le scempiaggini. Poi leggere come si viveva, come si usava fare certe cose sono tutte notizie che possono servire, possono fornire spunti narrativi (come qualunque altra cosa). Insomma, documentarsi fa sempre bene.
MA...
Sto comunque scrivendo di un altro mondo.

Quindi ricordiamoci sempre di distinguere:

anacronismi veri: elementi oggettivamente incompatibili col livello tecnologico/scientifico del mondo descritto. Questi costituiscono esecrabili errori giustamente condannati. Va da sè, però, che un autore può comunque inserire questi elementi se trova il modo di giustificarli.

anacronismi apparenti: elementi che non esistevano nel vero Medioevo europeo, ma che avrebbero potuto esserci. Questi sono perfettamente accettabili, checché ne pensino i talebani di cui sopra. E, per essere più esplicita possibile, non sto parlando di Gamberetta, anzi.

Devo tener presente che non tutto quello che non si faceva e non si costruiva nel Medioevo non era necessariamente impossibile, giusto? C'erano regole sociali, imposizioni religiose a inibire certi comportamenti, e poi naturalmente la moda.

Perché oggi non andiamo in giro coperti di tatuaggi e coi capelli di tutti i colori dell'arcobaleno, pur avendone la possibilità pratica? Appunto.

I bottoni, tanto per dire, sono noti sin dall'antichità, ma per qualche ragione erano considerati degli ornamenti, fatti di materiale prezioso, e non venivano usati per gli abiti dei popolani...non certo perché non li avessero inventati o non potessero crearli.
Poi possiamo parlare delle piante e degli animali che qui non c'erano, perché originari di altre parti del mondo...ma comunque nati in un clima simile al nostro e quindi in grado di vivere e prosperare anche qui, tanto è vero che oggi ci sono.
E così via.

Invece, secondo questi invasati, su qualunque pianeta ti trovi:

- la struttura della società deve essere feudale
- deve esserci l'equivalente della Chiesa
- deve esserci una classe mercantile forte
- non si possono mangiare patate
- non si può suonare l'ocarina
- non si possono usare i bottoni
- non si può indossare la minigonna
- ...

Ve lo chiedo col cuore in mano, non per far polemiche e seminare inutili discordie, ve lo chiedo sinceramente desiderosa di comprendere: ma siete scemi?

mercoledì 3 settembre 2008

Detto, fatto!

Come si parla con gli squilibrati? Con cautela, è ovvio. E’ tutto un "Ehi, come te la passi? Ah, sì? Oooh, che interessante! Ma davvero? Braaavo! Ma guarda, complimenti! Eh, sì, hai proprio ragione tu!" e via discorrendo.

Mai e poi MAI bisogna dar suggerimenti, pronunciare parole che possano suonare come un invito a fare qualcosa, men che meno ci si può permettere di scherzare, perché lo squilibrato –anche quello che non ti ha mai dato retta prima d’ora- stavolta ti prenderà sul serio, e nel modo più contorto e pernicioso possibile.

Così, può capitare, tanto per dire, che in un gruppo musicale che sta tentando di preparare una serie di (noiosissimi) pezzi per una registrazione e si trovi a corto di idee per renderli un po’ diversi l’uno dall’altro, uno spiritosone, spronato dal testo del brano che dice rumpite libros, se ne esca con la battuta dell’anno: "Ma lei [indicando una ragazza innocente] potrebbe strappare della carta in sottofondo!". Una scempiaggine pensata per suscitare il riso, ma gli squilibrati non rideranno, anzi diranno: "Che ideona! Sei un genio!" e la povera ragazza si troverà davvero costretta a suonare il giornale, strappando pagine a tempo…

Nello stesso modo io ho incautamente buttato là un gioco di parole in uno dei miei ultimi post, invitando un amico a comporre un raccontino hard con protagonisti pezzi di pc.

L’ha fatto sul serio. Eccolo, solo leggermente censurato per non incappare in filtri.

Un’ammucchiata di materiale informatico

Il vecchio monitor, abbandonato in un angolo del magazzino polveroso, guardò con apprensione la notevole massa di componenti elettroniche che stavano scaricando, già ostile ai nuovi arrivati, che avrebbero turbato la sua pacifica lenta agonia.
Ma quando si trovò avvolto dai fili di decine di mouse che gli si posavano addosso, arrotolavano intorno, lo bloccavano in un’intimità schifosa, viscidi, frementi di libidine e mollicci, si sentì sopraffatto dalla vita, si trovò ad augurarsi quello che prima tanto aveva temuto: il corto circuito, prodotto dall’umidità o da un rilascio di acido, che in un lampo e uno sfrigolio gli avrebbero tolto definitivamente anche quel po’ di vita latente in cui vegetava da tanto tempo; non poteva sopportare oltre le sgradevoli attenzioni di quei pervertiti che si ammucchiavano su di lui, bianchi, grigi, neri … e perfino uno rosa!
"Magari un’esplosione!" si augurò, sognando una fine eclatante, visto che non poteva essere gloriosa.
Ma guardate quelle ba***e di tastiere buttate nell’angolo opposto, guardatele!, una sull’altra senza pudicizia alcuna, a solleticarsi i tasti l’un l’altra, mentre un suo simile – simile? non lo conosco e non ha niente a che vedere con me, piatto e spigoloso com’è…un’altra razza – un suo QUASI simile, appoggiato al colmo del mucchio di tastiere, ondeggiava impudicamente su una di loro sollecitandole la sbarra spaziatrice in un cunn***us abnorme, che si sarebbe concluso con il blocco della sbarra abbassata in un orgasmo infinito …
"Un’esplosione, un’esplosione …"
E quel mouse ottico rovesciato sul dorso, che mostra la fessura rossa ormai spenta, e guarda quelli più tradizionali con uno sguardo apparentemente sprezzante? Un caso classico, da manuale, di "invidia del filo" – che poi, persa la speranza di infilare lo spinotto in questa e quella porta, anteriore o posteriore che fosse, com’erano abituati (beh per essere onesti almeno porte dedicate, non come le prese USB che si infilano praticamente ovunque) insomma guardali ora, con quel filo che penzola lubrico e sconsolato…
"Un’esplosione, Signore, un’esplosione!"

Grazie, caro amico, complimenti, che interessante, braaavo!


L’autore.

venerdì 29 agosto 2008

Adagiata

Questo sarà un post come quelli che condannavo qui, cioè parlerò di cose che non conosce/non ha letto/non sono di interesse a nessuno: il mio primo (tentativo di) romanzo, dal titolo Adagio ma non tanto.

Chiariamo subito che non è un fantasy!

Perché ne parlo, visto che appunto non lo conosce nessuno? Perché nel rileggere la scheda di valutazione della casa editrice a cui lo avevo mandato mi sono scaturite riflessioni di carattere generale e vorrei condividerle.

Mi si fanno i complimenti per la forma, il linguaggio e l’ambientazione. Ma cosa non va?
La trama.
Brutta storia.
E non per incongruenze, no…
Quello che secondo loro non va è questo.

1) succedono in realtà poche cose, e si ha la sensazione che il romanzo sia “sbrodolato”
2) i dialoghi sono curati e precisi, ma troppo pesanti, lunghi, didascalici
3) tutti i personaggi sono femmine
4) non c’è neanche una storia d’amore
5) si parla tanto (troppo) di musica barocca

La prima cosa che mi ha stupito è che non hanno nemmeno sfiorato quello che io ritenevo essere il maggiore difetto del romanzo, cioè l’essere ambientato negli anni ottanta senza nessuna vera ragione se non quella di essere stato concepito allora. Riscritto daccapo, è ovvio, ma impossibile da trasportare ai giorni nostri. Quindi, ormai datato.
Va bene, forse hanno deciso che questo non era un difetto così grave.

Rileggendo il mio lavoro a distanza di due anni, temo di dover ammettere che i punti 1) e 2) hanno qualche fondamento. Ho avuto anch’io, ora, la stessa sensazione, soprattutto riguardo ai dialoghi, agli “spiegoni” di pagine e pagine, e d'accordo che la protagonista è volutamente pedante e pignola, ma così è esagerato. Inoltre le ragazze –benché si tratti di persone di cultura superiore alla media- parlano veramente troppo come un libro stampato.

Al 5) rispondo: mbé? La protagonista è una musicista, cosa pretendete? Certo, ci sarà chi si annoierà…come mi annoio io a leggere di paginate di ricette di cucina, o di gare sportive, o di combattimenti, eppure son tutte cose che si trovano in ogni genere di libro, senza che nessuno pensi ad appiccicarci l’avvertenza: romanzo per sportivi-per cuochi-per guerrieri…

Ma ciò su cui non sono affatto d’accordo, come si può immaginare, è che il punto 3) rappresenti un difetto oggettivo. Cioè, bisogna rispettare le quote azzurre/rosa nello scegliere i personaggi? Ci vuole la par condicio? Non ci sono, no, vero, caterve di libri in cui non compaiono personaggi femminili degni di nota, e va bene così?
Ma va bene così davvero, uno scrive di quello che gli pare e usa i personaggi che gli servono! Non ti piacciono? Vai a leggere qualcos’altro!

E da qui discende, credo, il pernicioso punto 4), perché certo, se la protagonista è femmina, la sua vita sentimentale dev’essere sempre sviscerata, diciamolo, è l’unica cosa che valga la pena raccontare di una donna! Una donna, cioè, dai, cos’altro può fare…se non offrire la possibilità di esibirsi a un personaggio maschio che finalmente ravvivi la trama?

Ah, scusate lo sfogo. E’ generale, appunto, non diretto verso i compilatori della scheda. Se della gente così rigorosa sulla forma arriva a discutere del contenuto, vuol dire che hai già passato diversi livelli di scrematura.

Ma il punto ora è un altro. E’ una storia a cui sono molto affezionata, ma non posso più perderci del tempo, ho tante altre cose che vorrei scrivere e che meritano il loro turno. Quindi, addio, Adagio ma non tanto. Appena avrò capito come fare, lo trasformerò in ebook e lo metterò qui.

lunedì 25 agosto 2008

Ammasso materiale informatico



Tanto per non lasciare il blog apparentemente abbandonato, ma non volendo nemmeno sprecare i bellissimi post che sto preparando per questo periodo estivo così deserto, faccio il punto della situazione.

Prossimamente vorrei scrivere di: libri che mi capita di leggere, riflessioni sui miei manoscritti (che poi perché continuiamo a chiamarli così se più nessuno li compila a mano), prese in giro dei miei compari musicisti…tutta roba di dubbio interesse per gli altri, ok.

Avevo chiesto al mio amico Emi di scrivere anche lui qualcosa, pensando a un pezzo sulla musica, magari serio, ma ora lui vorrebbe invece mandarmi da postare qui un racconto sconcio. Cosa faccio?

Visto che ha avuto un discreto successo l’email del direttore del laboratorio a proposito del vestiario, eccone un’altra, fulgido esempio della prosa limpida del nostro stimato dirigente.

Oggetto: materiale informatico dismesso

Occorre ammassare al più presto il materiale informatico non più utilizzabile, allo stato sparso in giro, in una stanza perchè possa essere allontanato.
Dovrebbe arrivare una ditta che lo fa. Per i più deboli, se è il caso, farsi aiutare da Gianfranco con carrello.
La stanza individuata è la 130 al primo piano zona R***i che ne è informato. Non bisogna occuparla tutta ma se è il caso ne troviamo un'altra.
Occorre compilare il file che ho allegato per quello che si ammucchia.
Se si allontana un solo pezzo che non ha numero ad es. una stampante, essendo il numero di inventario unico per PC + stampante + mouse, mettere quello.
La stampata del file la metto comunque a disposizione sul bancone di stanza 130 ma è preferibile che compiliate in informatico così resta traccia ad ognuno. Basterà poi unire i vari fogli stampati.
CIAO
(allegato: ammasso materiale informatico.doc)

Ora ho avuto un’illuminazione inquietante: e se spingessi il mio amico a scrivere invece di un’ammucchiata di materiale informatico?

lunedì 18 agosto 2008

Un po’ di fiducia, Emi…

Caro Emi, so bene da dove nasce la tua diffidenza per questa nuova clinica che ti ho consigliato. Le tue esperienze chirurgiche non sono state delle migliori, sebbene non si avvicinino neanche a quelle patite da altri miei conoscenti e parenti (tamponi dimenticati all’interno, flebo contaminate da detersivo liquido, trasfusioni con sangue del gruppo sbagliato).

Ho presente anch’io il tormento della tua operazione d’ernia inguinale, con l’ago infilato nel braccio per tutto un giorno e una notte, la saracinesca dell’ascensore che frustrava ogni tentativo di prendere sonno.
Nemmeno l’atmosfera rilassata e quasi gogliardica della sala operatoria ti aveva risollevato l’umore, quando era arrivato un tizio sconosciuto a presentarsi: salve, solo il nuovo anestesista mandato dal capoluogo, e tutti a salutarlo cordialmente, benvenuto e grandi pacche sulle spalle, nessuno lo conosceva né di vista né di nome, ma tutti pronti a credergli sulla parola. E tu rattrappito sul lettino che ti domandavi se non fosse un’orribile candid camera, o se invece mesi dopo non si sarebbe scoperta la verità: PIÙ DI TRENTA LE VITTIME DEL MITOMANE CHE SI INFILTRAVA NELLE SALE OPERATORIE…

Neanche quest’ultima rimozione dei calcoli alla cistifellea (ma come ci sei rimasto male nello scoprire che intendevano asportare tutta la cistifellea!) ti ha soddisfatto: prima non avevi niente e ora senti male.

E vogliamo parlare delle varie colonscopie coi dottori che ti sembrano tutti un po’ gay e ti fanno paura? No, lasciamo stare.

Capisco che tu ne abbia abbastanza.

Ma proprio non ti posso vedere con questa infiammazione alla mano, il dito rattrappito e gonfio per la fatica di reggere il flauto basso per ore e ore, il dolore che ti costringe a fermarti e agitare il braccio in aria sventagliando il polso come un suonatore di nacchere.Tutta questa sofferenza mi strazia. E il problema si può risolvere facilmente, credimi!

Perciò ora piantala di urlare e stai fermo.

Ecco il chirurgo…
Un amante del piercing estremo, costui, ma è forse in discussione la sua vita privata? E’ bravo, sa quello che fa e ciò ti basti. Probabilmente non è neanche gay.

Dai, a cosa ti serve questo vecchio braccio rattrappito, perché ci tieni tanto, quando puoi averne uno nuovo fiammante che ti permetterà di suonare tutto il giorno senza stancarti? Anzi, fossi in te farei un pensierino anche sull’altro braccio, in modo da diventare un musicista completo.
Cosa, che anestesia, hai brontolato finora contro quello dell’altra volta! Non fare il frignone. Guarda che bella infermierona bionda sta venendo a prendersi cura di te!
Scommetto che la affascinerai con la tua parlantina. Poi mi racconti, eh.


P.S.: Poi riparliamo con calma della tua idea di volermi far comprare e suonare un robo così:



giovedì 14 agosto 2008

L’abito fa il monaco…

O il chimico, nel mio caso. Da anni non ricevo più il materiale opportuno, mi presento stracciata e rammendata, lurida e abbruttita da macchie ormai indelebili, e intorno a me non vedo situazioni granché migliori.

Gente che sembra uscita da un’officina meccanica, tecnici disperati che, all’ennesimo squarcio sulla maglietta sfibrata dai fumi acidi, perdono il senno e se la strappano di dosso denudandosi in corridoio e scappando via.

Due tipi assai eleganti nel mio laboratorio…


Durante un servizio fotografico per un giornale locale, un mio collega ha dovuto usare ben tre magliette diverse –a seconda che fosse inquadrato di fronte, di schiena o di profilo- per riuscire a far sembrare che il suo vestiario fosse integro, anche se non proprio immacolato.

Abbiamo provato a mascherare i buchi con etichette adesive, ma anche quelle dobbiamo farcele bastare, recuperare tutto va bene, ma andare in giro con un codice a barre sulla schiena può dare adito a situazioni equivoche e pesanti dubbi esistenziali (Sono davvero diventata una confezione da 1 kg di potassio ioduro? E quanto costo? Dov’è la mia scheda di sicurezza? Sarò stata caricata in magazzino correttamente?).

Eppure c’e’ stata tempo fa una precisa comunicazione del direttore del laboratorio in merito alla faccenda.

Rammento, perchè se ne dia applicazione, alcuni punti riguardanti l'uso del vestiario:
1 ) il camice o la giacca corta vanno sempre indossati dai presenti in laboratorio addetti a lavoro tecnico
2 ) maglietta scarpa bianca e pantaloni lunghi sono vivamente raccomandati (alcuni incidenti per taglio da vetro rotto sono a testimoniare la necessità di avere piedi e gambe un poco protetti)
3) se per qualsiasi motivo si abbandona l'area del laboratorio (escludendo il tetto per le bombole e il cortile per l'accoglimento campioni) occorre spogliarsi del camice o giacca
4) si lascia al buonsenso di ognuno la valutazione del grado di sporcizia degli indumenti
5) la voglia di pantaloni corti in periodo estivo indossati dal personale maschile va autorepressa
In generale va evitato di dare immagine di trascuratezza e disordine facendo calare la propria autostima
Ciao

Ed ecco che finalmente, dopo la brillante risoluzione del caso delle pipette scomparse, arriva qualcosina! Ci precipitiamo a rifornirci, ma la gioia dura poco.

Occorre fare attenzione, ci avvertono, al lavoro che andiamo a fare, perché questa nuova dotazione non va bene per tutti. Per una qualche disattenzione, un imprevedibile malinteso dell’ordine, sono stati acquistati dei camici infiammabili.

Ecco che monaci siamo, dei bonzi!