sabato 5 aprile 2008

Spifferate


Mi sono registrata su Blogitalia anche sotto la categoria "Musica" quindi bisognerà che inizi a trattare l'argomento.

Non è facile per me parlare di musica; la considero senza dubbio la più bella creazione dell'uomo in assoluto, ma nonostante io abbia studiato a suo tempo teorie solfeggi e quant'altro ho con essa un rapporto molto istintivo, potremmo dire viscerale. Potremmo, ma non mi piace viscerale, mi fa pensare a budella sparse, diciamo allora semplicemente fisico.
Non è facile parlare di una sensazione fisica, soggettiva.

Ascoltare un pezzo che mi piace è come addentare una bella fetta di pizza appena sfornata (o una fetta di torta se preferite, io sono più per il salato), una goduria, una beatitudine che cancella ogni altro pensiero. Pare che sia stato ormai appurato che in certe persone (geneticamente?) predisposte l'ascolto della musica preferita scateni tutta una serie di reazioni chimiche e fenomeni elettrici nel sistema nervoso, culminando nella produzione di endorfine e sostanze varie che inducono una sensazione di benessere che neanche la droga...
Non fatico a crederlo. Il concetto è stato mirabilmente espresso da Vikram Seth nella chiusa di Una musica costante, frase che ho messo come apertura del blog, quindi non ci sto a ricamare ulteriormente sopra.

La conseguenza di tutto ciò è che a me, come penso a tutte queste altre persone che vivono la musica in tal modo, non frega assolutamente niente del perché e percome il pezzo è stato scritto, né da chi, né in cambio di cosa.
Esiste davvero chi, nel rotolarsi tra gli intingoli, nell'immergere voluttuosamente la faccia nella torta alla panna si domanda che tipo di persona sia il cuoco, che ideologie/religioni sostienga, che partito voti, se abbia cucinato per passione e amore per la Grande Cucina Universale o se abbia voluto orrore essere pagato, e magari aspetta di saperlo per decidere se il cibo gli piace o meno?
Spero vivamente di no.

Bando alle polemiche. Il mio nick, Auletride, allude alle suonatrici di flauto che allietavano i banchetti nell'antichità (non solo suonando, penso, ma questo non mi riguarda) e mi è sembrato un soprannome adeguato visto che anch'io, a tempo perso, sono una flautista. Il mio strumento non è ovviamente quello dei Greci, bensì il flauto dolce o diritto (Blockflöte, flûte à bec, recorder), strumento di antichissime origini che ha conosciuto grandi splendori per poi cadere in disuso assai rapidamente alla fine del '700 quando i gusti del pubblico sono cambiati (come accade a tutte le cose).

Posso dire di avere qualcosa in comune con Umberto Eco!



Ecco un paio dei miei "bambini"...


Altri strumenti nel corso del tempo hanno potuto adattarsi alle nuove esigenze di compositori e pubblico con qualche correzione strutturale, espandendo (o spostando?) l'estensione, esplorando diverse possibilità dinamiche (cioè di suonare più piano o più forte) mai cercate prima.Il flauto dolce da questo punto di vista ce l'aveva in un piede, essendo nient'altro che un tubo di legno forato con una specie di fischietto all'estremità. Una struttura semplice ed essenziale, di immediato utilizzo che ben difficilmente può "guastarsi", ma che per contro, come tutti gli oggetti semplici, non offre alcun margine di intervento. Il flauto ha una voce delicata ma fievole, e soprattutto sempre uguale (cioè bassissima). Non si poteva far nulla per renderlo alla moda.



L'incredibile tecnologia di cui è composto un flauto dolce!


Quindi esso è stato abbandonato ed è rimasto così da allora, testimone di un'epoca in cui la musica viveva di sfumature e chiaroscuri, di effetti minimali affidati più all'intenzione dell'esecutore e alla volontà dell'ascoltatore di coglierli che sulla reale risposta dello strumento.

L'utilizzo del flauto dolce, in una versione se possibile ancor più semplificata, per avvicinare i bambini alla musica è una splendida idea, io stessa ho scoperto il mio talento in questo modo e non mi passa per la testa di fare la snob...purtroppo però questa iniziativa ha avuto la spiacevole conseguenza di far apparire questo strumento come un giocattolo agli occhi della gente, un pifferino da considerarsi nel migliore dei casi come propedeutico alla musica "vera".
Non so quanti sappiano che è esistito un ricco repertorio per flauto dolce, che autori del calibro di Bach e Vivaldi lo hanno tenuto in gran conto, che non si tratta (non necessariamente cioè) di un affarino di plastica che si trova nelle patatine.

E non penso che un suonatore di fagotto, tanto per citare un nome che si presta anche lui allo scherzo, raccolga nel corso della sua carriera altrettanti sfottò sul nome dello strumento (effettivamente è buffo fagotto ahaha...): mille lire per ogni flauto storto o caramellato mi avrebbero resa ricca.

2 commenti:

Federico Russo "Taotor" ha detto...

Il flauto è uno strumento bellissimo.
Nel 2006 decisi di imparare a suonare, per conto mio: ero indeciso tra chitarra e flauto. Il flauto mi sembrava difficile, allora optai per la chitarra... XD
Io e un amico suoniamo insieme in un "fantastico duo medievaleggiante". Siamo solo due: sembrerà strano, ma non c'è molta gente, in giro, disposta a suonare cose medievali. XD Ma ce la caviamo benissimo, ed è divertente. Per non parlare dell'accostamento chitarra-flauto, che di per sé è molto evocativo - presto m'innamorerò del flautista. *_*

Mi hai ricordato che non ho mai parlato del mio rapporto colla musica, nel blog. Grazie dello spunto. :)

P.S. Quella sul flautista era una battuta. A me piacciono le donne, sia ben chiaro, WLF4ever!

Auletride ha detto...

Il flauto traverso (come penso sia quello di cui parli) è senz'altro meno immediato. Ma la chitarra...facile? O__O
Be', io faccio spesso musica medievale/rinascimentale, talvolta accompagnando quei gruppi di pazzi a cui piace mettersi il vestitino e sfilare...sembra divertente, finché non ti accorgi che per il pubblico sei solo un figurante e della musica non importa nulla a nessuno...altro argomento su cui scriverò in futuro!