Stamane lo struscio della banda magnetica e il bip della macchinetta al passaggio del cartellino –che possiedo già da cinque anni e mezzo- hanno sancito e consacrato il mio nuovo contratto a tempo indeterminato.
Così, dopo soli dodici anni e diciassette giorni dalla laurea, posso finalmente tirare un sospirone di sollievo e smettere di preoccuparmi della mia fonte di sostentamento.
Non mi sento euforica come dovrei, forse a causa della tensione di un due anni passati ad aspettare il concorso e a temere di rompermi una gamba proprio quel giorno, lo stress degli esami, l’attesa dei risultati ecc ecc. Sono stanca morta.
Poi il sentire certi discorsi mi ha suscitato una riflessione.
Non dovrebbero i lavoratori essere tutti uguali?
Ma se fossimo nel privato…vediamo, mi risulta che dopo un tot di anni passati a contratto per legge si viene assunti, oppure mandati via una volta per tutte, ma in tal caso l’azienda non ci può sostituire tanto facilmente.
E in ogni caso, se il datore di lavoro si sveglia e vuole assumere personale stabile, deve comunque prima regolarizzare i precari di quella categoria, altrimenti non se ne parla neanche, non deve neanche pensare di fare colloqui a gente esterna. E quando li regolarizza, li regolarizza, senza rompere con prove ed esami: se li ha tenuti (e magari riconfermati più volte) fino a quel momento sono persone già selezionate e conosciute, no?
In un’azienda privata sarebbe stato un nostro sacrosanto diritto entrare di ruolo dopo anni di contratti a termine, senza se né ma, e tutti sarebbero stati d’accordo e felici per noi.
Mi sbaglio?
Invece qui siamo degli imbucati, dei raccomandati, gente che è entrata di straforo con un concorso farlocco, in sostanza dei barboni a cui hanno fatto l’elemosina.
Così va la vita, perlomeno in Italia.
Buon anno anche a voi, amici colleghi!
mercoledì 31 dicembre 2008
Il primo giorno di una nuova era
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