Ogni tanto mi imbatto nell’affermazione che la prima persona sarebbe più facile da usare, e perciò preferita dai principianti.
Rispetto a cosa? Rispetto al narratore onniscente, o meglio, alla terza persona "relativa" che si usa oggi, quella in cui si segue per filo e per segno un solo personaggio per volta, entrando anche nella sua testa e mostrando la storia dal suo personale punto di vista, almeno per quella scena, quel capitolo.
Ma in pratica in molti libri non si fa altro che ripetere il giochetto per tutti i personaggi importanti, e allora il narratore di fatto torna a essere onniscente a parer mio, anche se al lettore dà poche informazioni per volta.
Forse ho una gran confusione in testa.
Resta il fatto che a me sembra questa la tecnica più facile. Cosa c’è di più semplice e immediato che spiattellare tutti i cavoli di ciascuno…vale a dire presentare Tizio, Caio e Sempronio, ognuno col suo passato e le sue motivazioni, nell’illustrare e svelare ogni pensiero, ogni sentimento?
La prima persona, al contrario, è fortemente limitata e limitante; sembra la scelta più spontanea, ma è complessa da portare avanti. E senza annoiare il lettore, perché non dimentichiamoci che l’effetto "sproloquio" (in fondo è un personaggio che parla, parla…) è sempre in agguato.
La prima persona è "facile" (relativamente) solo se prendo come punto di vista quello del protagonista…che magari mi somiglia molto come carattere…certo, come no! E’ un romanzo o una fanfiction?
Ma se invece scelgo come narratore un personaggio secondario?
Immaginiamo una situazione in cui il personaggio A è segretamente innamorato di B, ma per vari motivi non vuole assolutamente che B lo scopra, anzi cerca con tutte le sue forze di soffocare il sentimento anche dentro di sé, e per questo tratta l’altro con freddezza, se non con astio e ostilità.
Dal canto suo, B sembra una persona sicura di sé, forte, quasi cinica, ma in realtà nasconde una profonda solitudine che lo fa soffrire, e l’apparente odio di A, che egli crede autentico, lo ferisce intimamente. Da qui tutta una serie di litigi e cattiverie reciproche.
Con la terza persona relativa non avrei problemi a delinare alla perfezione il quadro della situazione, anche se mi limitassi a osservare gli eventi dalla parte di uno solo dei due protagonisti.
Ma invece no, lascio che a parlare sia il personaggio C, un altro, magari un po’ ingenuotto, che non può avere la più pallida idea di cosa passi per la testa degli altri due: non sospetta la passione proibita che arde in A, non si sogna neanche che B possa essere così fragile. Ecco che C mi racconterà solo quello che vede e sente, perché degli altri lui conosce solamente le parole, le azioni, e le interpreterà a modo suo.
Quanto è facile far arrivare al lettore la verità sulle motivazioni dei personaggi, di fatto scavalcando questa "prima persona ignorante"? Bisogna disseminare il tutto di indizi che l’ignaro C riporti senza capirli.
Ecco, è questo che sto cercando di fare. E non con un solo narratore, ma con cinque.
Se fossi sana di mente non farei la musicista, né il chimico, né l’aspirante scrittrice.