venerdì 27 febbraio 2009

Dall’inizio?! No, dai!


La storia della mia attività musicale inizia nel dicembre 1981.

E vedo un mucchio di possibili lettori scappar via già annoiati.
I giovani di oggi non hanno più pazienza, ecco la verità!

No, la faccio breve.

Durante una delle mie primissime lezioni di flauto, il maestro chiamò noi principianti del primo anno (che stavamo apprendendo le basi in un’altra stanza) per farci sentire come veniva bene il pezzo di musica d’insieme che quelli del terzo anno stavano studiando.
Fui molto impressionata da quel gruppo di persone.
Ricordo di essere andata da mia mamma a dirle: “C’è uno di quelli grandi che sembra matto, si dà degli schiaffi da solo e mi ha fatto paura!”
Quello era Emi. Da quando ha messo da parte l’antica abitudine all’autopunizione fisica per gli errori suona peggio.

L’anno successivo la mia classe non esisteva più, rimanevo solo io. La migliore o la più scema, la più…? No, cioè, non so dove siano andati gli altri. Non sono stata io, giuro.
Ma con questo trucco venni inserita in breve tempo nel gruppo degli “anziani” e pian piano li surclassai tutti ahah. Ma intanto il maestro rompeva i rapporti con la scuola di musica locale e dovemmo diventare pendolari per proseguire i nostri studi.

Facevamo seminari mensili a Genova Nervi, non molto comoda da raggiungere col treno venendo da ponente. Dovevamo cambiare almeno una volta, sempre di corsa, con valigioni immensi ricolmi di strumenti.
Ho un flash di noi che, per fare prima, prendiamo una scorciatoia attraverso un treno merci fermo sul binario accanto, rischiando la vita.
La grande nevicata dell’84 ha trasformato una domenica potenzialmente noiosa in una spedizione polare piena di imprevisti e momenti di azione frenetica.
Seguendo fiduciosa le in­dicazioni di Emi (che una volta si é perso anche dietro casa sua) mi ri­trovai spesso in posti di cui non immaginavo neppure l'esistenza. Una volta che avevamo fretta e per questo avevamo deciso di prendere l’autobus, lui scelse con finta sicurezza una linea urbana a casaccio e mi condusse nel cimitero di Staglieno, mentre altrove (quasi dall’altra parte di Genova) ci aspettavano con ansia per iniziare uno spettacolo. Io ero allora così ingenua e timida che ci ricascavo ogni volta, a fidarmi di lui.

Ma, nonostante la mia apparenza timida e remissiva, non ci misi molto a rivelare anch’io la mia vera natura. Un esempio su tutti.
Il maestro mi chiama per domandarmi in prestito il mio nuovo flauto contralto barocco per uno dei miei compagni, solo per un pomeriggio in cui gli “anziani” fanno una prova d’insieme senza di me. Ovviamente mi fido del maestro e acconsento, il mio compagno passa da casa mia e io gli consegno la valigetta.
Sento un certo disagio nel farlo, ma la timidezza mi impedisce di bloccare il malcapitato prima che se ne vada per consigliargli di fare una cosa che sembra troppo stupida per essere sensata: controllare che il flauto ci sia…
Metto a tacere questi dubbi sciocchi e mi rimetto a farmi i fatti miei. Fino a quando, poco dopo, ricevo una telefonata disperata dal poveretto: egli boccheggia e balbetta, atterrito, non sa proprio come dirmi che qualcuno deve essersi introdotto in camera mia e avermi rubato il flauto dalla valigetta, lasciandomela vuota!
E il flauto mi guarda beffardo da uno scaffale della libreria dove mai e poi mai usavo posarlo. Non ho dubbi: il malvagio pezzo di legno mi ha controllata mentalmente. Occhio ai buchi…

2 commenti:

Simone ha detto...

Bella storia... ma suoni ancora il flauto? E fai bene a non prestarlo a nessuno, che poi te lo rompono! ^^

Simone

Auletride ha detto...

Sì, suono ancora, anche se con meno perseveranza di una volta, e ogni tanto si riesce a fare un concerto.

L'episodio è rimasto negli annali grazie all'"amico" che non perde occasione di raccontarlo a tutte le mie nuove conoscenze, per metterle in guardia contro la mia possessività e avarizia...